Milano (PDN) - A poco più di due settimane dal voto al
referendum sulla seconda parte della costituzione, si sta facendo sempre più
acceso ed aspro il dibattito fra i fautori del SI’ e del NO. Al di là dei
personaggi di dubbia moralità e fiducia che sostengono ora l’uno, ora l’altro
schieramento, quello che – almeno a noi appare evidente – è che,
indipendentemente da quello che sarà poi l’esito finale, le Regioni così come
sono state concepite dall’Assemblea Costituente nell’ormai lontanissimo e – per
certi aspetti - preistorico 1946, sono fallite.
Di quelle che sono le prospettive del dibattito
federalista, anche alla luce dell’ormai acclarata svolta statalista e
centralista attuata da Salvini e dai suoi compari, se ne è parlato
in un incontro organizzato dalla delegazione milanese del Tea Party. A cui
hanno preso parte, Giancarlo Pagliarini,
ex Ministro del Bilancio ai tempi del primo esecutivo Berlusconi, e l’ingegnere
Chiara Battistoni, profonda
conoscitrice del modello federale applicato con successo nella vicina e civile
Svizzera.
Si è discusso infatti dell’opportunità di andare
oltre al semplice quesito referendario – che di per sé presenta diversi lati oscuri –
per rilanciare la necessità di riscrivere sì la costituzione. Ma in modo
diametralmente opposto rispetto a quello - che tanto chi propende per il Sì
quanto piuttosto per il No - intende fare. Senza rendersi inoltre minimamente
conto che l’argomento del contendere – l’attuale Costituzione – presenta uno
schema superato, oltre che anacronistico perché appartenente ad un mondo, quello
del secondo dopoguerra, che ormai è stato consegnato ai libri di storia. E che
non considera invece i profondi mutamenti intervenuti in un lasso di tempo così
importante. Andare al di là, dunque, del semplice quesito referendario, e
proporre la struttura organizzativa esistente nella Confederazione Elvetica
quale risposta al centralismo romano. Capace di rinnovarsi ed adeguarsi alle
nuove sfide imposte dalla competitività e, per questo motivo, ancora una volta da
imitare perché vincente.
“Una cosa che
mi sta profondamente infastidendo –
ha esordito Giancarlo Pagliarini – è il
clima assurdo che si è creato, dove ormai gli insulti sono all’ordine del
giorno. E’ inconcepibile, non si fa così politica. Questo sta diventando un
paese incivile! Non è logico, perché contro natura, che uno stato – tornando
nel merito del referendum – sia organizzato in modo centralista. Nelle
classifiche che misurano la competitività di paesi, stilate dal World Economic
Forum, compaiono quasi sempre i paesi con struttura federalista. Da 6 anni, la
Svizzera è al primo posto, seguita da Singapore. L’Italia, per la cronaca, è al
41mo posto, e non ricordo chi ci precede e chi ci segue”.
Poi l’analisi della Carta Costituzionale della
Svizzera che “non comincia – puntualizza
Pagliarini - con l’articolo 1, bensì con
5 premesse cui il resto della Costituzione si deve attenere. Ed in cui si
citano, al contrario della nostra, le generazioni future. In Italia, invece, ai
nostri figli non ci pensa nessuno. Più che la seconda parte della costituzione
che si vuole cambiare il prossimo 4 dicembre, va ripensata a mio parere la
prima dove si parla innanzitutto della responsabilità nei confronti delle
generazioni future e, cosa molto importante, di unità nelle diversità. Che non
riguarda solo gli opposti schieramenti, ma tanto i cittadini di Interlaken
quanto quelli di Neuchatel. Tutti, a sinistra come a destra, lavorano insieme
per raggiungere un obiettivo comune, che è quello di consegnare ai figli un
paese che funziona. Se andiamo a scorrere la costituzione elvetica, notiamo
come all’articolo 3 la sovranità appartenga ai Cantoni, i quali decidono quali
poteri e competenze delegare allo Stato, oltre che il sistema elettorale che
generalmente è quello proporzionale. Lo Stato non ha potere e svolge quelle
funzioni che gli sono assegnate da questi enti territoriali. L’esatto contrario
di quello che accade dalle nostre parti. Se il fronte del SI’ e del NO,
proponessero questi argomenti, andrei a votare di corsa. Ed invece, non so cosa
votare perché entrambi portano avanti cose che fanno schifo. Poi parliamo del
Governo, composto da 7 persone che sono l’espressione dei 4 partiti (ne sono 12
in totale) che hanno ottenuto il maggior numero di voti e che lavorano sempre e
comunque per i cittadini. Da queste parti, lo chiameremmo inciucio; in Svizzera
invece è la formula magica. Il Governo è eletto dal Parlamento, composto da due
camere come da noi. Il Parlamento, pensate, è di milizia ovvero composto da
cittadini che svolgono il ruolo di deputati non come professione principale. Lì
il bicameralismo perfetto funziona, con il Consiglio degli Stati ed il
Consiglio Nazionale che eleggono il Governo. Hanno già fatto già 3 referendum
con i cittadini che hanno chiesto l’elezione diretta, e tutte e tre le volte è
fallito perché lì si fidano delle istituzioni. Senza perdere tempo in inutili e
dispendiose campagne elettorali. Sono questi gli argomenti di cui dovremmo
discutere, ma qui non accade perché sono considerate delle bestemmie. Inoltre,
altro aspetto da evidenziare è la collegialità del Governo nel prendere le
decisioni perché sono tutti d’accordo. Chi si oppone a tale principio, viene
sbattuto fuori. Il ragionamento è questo: se mi fido del Governo, questo deve
funzionare”.
L’ultimo organo toccato dalla lunga disamina di
Pagliarini è il Presidente della Repubblica che “in Svizzera, ruota ogni anno, è uno di quei 7 e si evita la
concentrazione del potere. Vi dirò di più: fino a poco tempo fa metteva il
passaporto nel cassetto e da lì non usciva perché doveva essere al servizio dei
cittadini. Non c’è differenza fra maggioranza ed opposizione perché tutti
remano dalla stessa parte e non c’è il ping pong fra le due Camere. Il sistema
bicamerale qui è fallito, perché non funziona come dovrebbe. La Svizzera è
grande più o meno quanto la Lombardia, e sappiamo benissimo qual è la
differenza in termini di qualità della vita fra questi due luoghi. Le cose sono
due: o si fa la secessione oppure si prova a scopiazzare la costituzione
esistente in Svizzera. Ma qui non lo si vuole capire, basta vedere come si
stanno scannando per un SI’ o per un NO a questo referendum! Mentre oltre
confine, si vota per il nucleare….”
Ha poi preso la parola, Chiara Battistoni che ha evidenziato alcuni interessanti aspetti
del modello federale elvetico. “In
Svizzera – ha osservato - il voto
elettronico è già una realtà, e se si considera che da noi si vota poche volte,
ciò vuol dire che la nostra democrazia è davvero matura. Un paese profondamente
democratico che avrebbe molto da insegnare a tutti, con una carta che è presente
da 725 anni e che è stata continuamente adeguata. Un altro aspetto
particolarmente interessante ed innovativo del federalismo svizzero, è stata la
sua capacità di adeguarsi ai tempi negli ultimi 20 anni, quando la
competitività ha posto delle nuove sfide. Ci si è interrogati sul senso del
nostro federalismo, e sono stati introdotti degli elementi che rendono questo
modello vincente. La Svizzera continua ad essere un paese dinamico, oserei dire
resiliente, perché il fatto di avere un duplice canale composto dall’iniziativa
popolare e dal funzionamento delle istituzioni le consente di andare avanti. In
Italia, invece, manca la visione strategica e con essa la valorizzazione delle
differenze esistenti. Non c’è visione d’insieme e qua occorrerebbero come il
pane degli aspetti resilienti. Gianfranco Miglio ha provato a presentare
un’analisi delle grandi città, ipotizzando già un futuro in cui saranno
preponderanti le leghe composte dai Comuni più grossi. Un po’ come sta già
accadendo in alcune città del Nord Europa come Amburgo o Amsterdam, dove tale
tendenza è già in atto. Altrove, siamo già molto più avanti di una semplice discussione
fra il SI’ o il NO. La grande vittoria della Svizzera è stata trasformare un
modello che va avanti da oltre 7 secoli, innovandolo e rendendolo al passo con
i tempi, pensando alle grandi trasformazioni in atto anche nei confini di città
come Lugano o Ginevra”.
servizio curato da Francesco Montanino
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