Napoli – Dall’emergenza colera al rinascimento
bassoliniano, passando per lo scandalo della ricostruzione post terremoto 1980.
Fino ad arrivare ai giorni nostri con l’era del degrado targata De Magistris,
cui ha fatto da preludio il nulla di Rosetta Russo Jervolino. Negli ultimi 40
anni, nella capitale del sud si sono alternate amministrazioni comunali di
sinistra che con la loro incuria e la colpevole e compiaciuta complicità della
pseudo destra pappona, statalista e (s)fascistoide, hanno ridotto il capoluogo partenopeo
ad un’autentica latrina e cloaca a cielo aperto.
Un triste e crudele
destino, per quella che fino a qualche secolo fa era considerata a giusta
ragione un gioiello incastonato nel cuore del Mediterraneo, oltre che
prestigioso attrattore culturale. I primi prodromi di un peggioramento e di una
decadenza che non sembrano conoscere mai fine, partono dall’epoca dei Borboni
contrassegnata non solo da luci, ma anche da tante ombre. A dispetto di ciò che
da sempre affermano i seguaci della casata spagnola, anche Franceschiello & C. hanno la loro
bella fetta di responsabilità nell’aver concorso all’attuale sfascio di Napoli.
Ma nulla al confronto
di ciò che invece è iniziato oltre 150 anni fa, in cui i Savoia, alimentati
dalle massonerie inglesi e francesi, con uno scellerato patto con la camorra
hanno di fatto condannato l’antica Partenope ad un futuro di subalternità,
miseria, disperazione, povertà e disoccupazione.
Né a qualcosa è
servito l’avvicendarsi del regime fascista o questa “democrazia”, in cui siamo
diventati a tutti gli effetti una vera e propria colonia americana come del
resto comprova l’esistenza – ancora oggi, nonostante che la Guerra Fredda sia
ormai finita da oltre un quarto di secolo – della base NATO a Bagnoli.
Ma quali sono stati i
primati di questa classe politica composta da ascari, vigliacchi ed accattoni
della peggiore specie? Era l’ormai lontano 1973, quando Napoli venne – come
sarebbe poi diventata una sgradevole abitudine – sbattuta in prima pagina
perché a causa di una partita di cozze tunisine, si diffuse questo terribile
virus che, ad onor del vero, come riportarono le cronache dell’epoca, interessò
anche – pensate un po’ – Barcellona che dovette fare i conti con il vibrione
per ben due anni! Ma nell’immaginario collettivo, i napoletani erano diventati
“colerosi” e la politica di casa nostra brillò per la sua assenza e
l’incapacità di tutelare la reputazione della nostra città. Oggi questo
dispregiativo ci viene ancora dispensato in maniera gratuita, tutte le volte
che mettiamo piede in un qualunque stadio, solo perché osiamo sostenere e
tifare i colori della nostra terra.
Proseguendo questo
particolare viaggio nel tempo, arriviamo allo scandalo del fiume di danaro
pubblico che è scorso dopo il terribile e devastante terremoto del 23 novembre
1980. Una micidiale scossa tellurica di magnitudo 6.9 mise in ginocchio in soli
90 secondi una vasta area compresa fra Irpinia e Lucania.
Gli effetti del sisma
si fecero sentire anche a Napoli, dove tantissimi palazzi erano così lesionati
e gravemente danneggiati, che numerose famiglie furono costrette ad essere
sfollate. Fu istituito quel carrozzone chiamato CASMEZ (Cassa per il
Mezzogiorno) che nelle pie intenzioni dei suoi creatori, avrebbe dovuto
velocizzare la ricostruzione. Il tutto portando quale esempio il Friuli,
anch’esso colpito alcuni anni prima da una serie di movimenti tellurici
particolarmente violenti.
Peccato però che
dietro le buone parole, la realtà avrebbe poi raccontato una storia fatta di
gravissime collusioni fra istituzioni locali ed organizzazioni malavitose che
intascarono buona parte del malloppo, grazie alla complicità di amministratori
pubblici, particolarmente disonesti ed accattoni. Corruzione e tangenti hanno
portato alla costruzione di tante cattedrali nel deserto ed opere perfettamente
inutili, così come anche l’evento dei Mondiali di Calcio del 1990 si è rivelato
essere un enorme fallimento sotto questo punto di vista.
Intanto scoppia
Tangentopoli, ma il sistema in maniera gattopardesca “cambia, affinché nulla
cambi”: infatti, ai posti di comando troviamo sì volti nuovi, ma non le logiche
che restano decrepite e che, come l’erba gramigna, tendono a non morire mai. E
così fa la sua comparsa Don Antonio “Berisha” detto Bassolino, l’inventore
della “cultura della legalità” con la quale – per sedersi sullo scranno di
Palazzo San Giacomo – non ha esitato a scendere a compromessi con i clan
camorristici.
Ricordiamo fra i suoi
capolavori, la creazione della cooperativa dei parcheggiatori abusivi con
prezzo della sosta salito per i cittadini a cifre improponibili,
l’indebitamento del bilancio comunale, il peggioramento della viabilità.
Ma soprattutto certe
brutture fatte passare, con l’asservimento complice e colpevole di certi
pennivendoli ascari ed asserviti al potere, per capolavori artistici. Di
sicuro, non abbiamo certo dimenticato nei periodi natalizi degli anni ’90, la
montagna di sale ed i teschi disseminati lungo Piazza del Plebiscito, così come
la falce rossa della vergogna che campeggia al di fuori del Castel dell’Ovo o una
mostra di tazze del cesso e lettini di ospedali. Il tutto solo per foraggiare
qualche pseudo “artista” privo di materia grigia ed intelligenza, insieme agli
“amici degli amici”. Ovvero a certi intellettualoidi da strapazzo, affetti da
presunte manie di superiorità e di onnipotenza.
Nella realtà, i
servizi pubblici hanno continuato ad essere di infimo livello e le periferie
sono state abbandonate a sé stesse, nonostante alcune patetiche operazioni di
facciata come l’abbattimento delle Vele a Secondigliano, che ancora oggi
continuano a deturpare quel quartiere a mo’ di sberleffo nei confronti di chi,
negli anni, ha perpetuato nel dare il voto a tali mefitici personaggi.
“Berisha”, come facilmente intuibile, fece carriera fino a diventare
Governatore della Campania ed a collezionare altre perle come la rovina del già
disastrato sistema sanitario regionale o l’emergenza rifiuti, che a Napoli e
dintorni ancora oggi sta provocando tumori e leucemie.
In quel tempo, nel
segno di una deleteria continuità politica, il suo posto quale primo cittadino
partenopeo è stato poi preso da Rosetta Russo Jervolino.
Il nulla fatto
persona, per intenderci. La ricorderemo non solo per la sua innata vacuità ma
anche per non aver mosso nemmeno un dito quando, nell’ormai lontana estate del
2004, il Calcio Napoli fu fatto fallire e ripartire dalla terza serie. La
rabbia dei supporters azzurri che si vedevano privati di un pezzo del loro
cuore, stava per dirigerli a Roma quando arrivò l’insopportabile starnazzio e
gracchio di Rosetta che temeva questo tipo di manifestazione perché, a suo
dire, erano “di stampo leghista”!
Un esempio di come la
classe politica di centro-sinistra consideri il sentimento di rivalsa di chi
vuole ribellarsi ad un’enorme ingiustizia, quasi come se si trattasse di
qualcosa di plebeo ed intollerabile. Gli ambienti radical-chic, del resto, si
sono sempre contraddistinti per l’aver pontificato dai loro fetidi e
nauseabondi pulpiti, rivelandosi essere sempre formidabili nel fare “i froci
con il culo degli altri”.
Ma se pensavamo di
aver toccato il fondo, evidentemente ci sbagliavamo. Perché negli ultimi anni
fa la propria comparsa, nel firmamento dei politici che sono buoni solo a fare
demagogia, il nostro Giggino “o’ sindachino”. Beniamino indiscusso dei
fuoriusciti dei cessi (a)sociali ed eletto da quasi il 20% dei napoletani
aventi diritto al voto, questo primo cittadino ha collezionato una serie di
perle, sulle quali è davvero difficile sottacere: cornicioni di palazzi che
crollano come pere mature in pieno centro ed uccidono un ragazzino colpevole di
essere passato al posto sbagliato al momento sbagliato, topi in libera uscita
all’altezza del lungomare di Via Caracciolo, un gigantesco uovo di Pasqua
piazzato durante il periodo natalizio cui farà seguito – stando a quelli che
sono i rumors – un corno anti-jella, impianti sportivi fatiscenti (Stadio San
Paolo) se non addirittura ridotti a veri e propri ruderi (PalArgento). Ed
infine, quali ciliegine su una disgustosa torta troviamo un servizio pubblico
praticamente dimezzato durante il periodo estivo (alla faccia della vocazione
turistica, tanto sbandierata da questa insulsa amministrazione comunale). Oltre
che infine la possibilità di abbandonarsi ad atti osceni in luogo pubblico,
come ha comprovato la consumazione di un atto sessuale nel pieno centro storico
di Napoli, davanti a tantissime persone in un video che ha fatto letteralmente
il giro del web. E che di sicuro arreca un ulteriore, mortificante colpo ad una
reputazione tutt’altro che intonsa e già gravemente colpita dalle nefandezze
camorristiche e di una parte consistente della cittadinanza. Che magari è
quella che ha votato questo primo cittadino e che si arroga il diritto di fare
quello che vuole e di gambizzare, con i propri comportamenti e le proprie
furberie, la parte buona e con tanta nobiltà d’animo di Napoli che è costretta
a sopportare ed a turarsi il naso.
Non staremo mai zitti
di fronte a tali manifestazioni di volgarità e di ostentazione così palese di
un qualcosa che dovrebbe restare confinato nella riservatezza come le proprie
scelte sessuali. In passato, siamo stati assai duri nello stigmatizzare le
sfilate e le carnevalate inscenate dalla potente lobby rikkionesca, criticandone
non solo la cafonaggine ma anche lo spreco di danaro pubblico, in un momento in
cui tante famiglie fanno una fatica tremenda a portare il piatto a tavola. Nel
caso dell’uomo e della donna che a Piazza San Domenico Maggiore hanno dato vita
ad uno squallido ed indecente spettacolo pornografico, oltre allo schifo che
proviamo, non possiamo non biasimare questa amministrazione comunale per la
totale assenza di controlli validi e seri in un luogo adibito al pubblico
passaggio. La preoccupazione di De Magistris e dei suoi sodali, evidentemente,
è quella di sguinzagliare vigili e forze dell’ordine solo quando c’è da rompere
le scatole agli esercizi pubblici sul rispetto delle norme che riguardano gli
spazi loro preposti. Tralasciando invece autentiche oasi di illegalità, come i
tanti venditori abusivi di chincaglierie di bassa qualità che si assiepano
sulle strade. Oppure, situazioni come quelle sopra descritte sintomatiche di un
degrado che appare ormai irreversibile.
Insomma, uno scenario
per nulla paradisiaco: Napoli è in uno stato comatoso, del quale sembra essere
eterna prigioniera. Causato anche dall’insipienza di una finta opposizione di
destra che poco o nulla ha fatto in questi decenni per porre un argine ad uno
sfacelo che ormai è sotto gli occhi di tutti. I chiattilli e papponi (s)fascistelli
più di inneggiare ad un passato morto e sepolto, fatto di croci celtiche e
richiami ad un regime ugualmente statalista ed oppressore come quello fascista,
di più non sono stati in grado di fare. Da veri ascari quali sono, li troviamo
a sventolare un tricoglione massonico, che in realtà è più simbolo di
oppressione e subalternità che non di democrazia e libertà!
La vera alternativa è
quella che abbiamo sempre proposto noi, da oltre 20 anni a questa parte. Ma che
è stata avversata con inusitata violenza da chi non solo ha preferito tenere il
proprio fetido culo saldamente incollato sugli scranni, rubando un lauto
stipendio dalle tasche della collettività. Ma ha anche disatteso nella sostanza
all’amministrare in nome e per conto dei cittadini, preoccupandosi solo ed
esclusivamente di fare i loro interessi.
Quello che, a ben guardare, è in realtà l’essenza
dell’attività politica e che a Napoli, come nel resto di questo ridicolo e
sgangherato paese, si è trasformato in uno strumento attraverso cui una
ristretta oligarchia ha pensato bene di fare solo ed esclusivamente gli stracazzi propri!F.M.
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