ULTIME NEWS

giovedì 21 settembre 2017

AUTONOMIA: LOMBARDIA E VENETO SI FANNO I CONTI IN TASCA. E IL SUD?



Busto Arsizio (Varese) - Mentre al Sud si continua a discutere di aria fritta senza nemmeno provare a risolvere gli atavici problemi che attanagliano i cittadini, in Lombardia ed in Veneto siamo in piena campagna elettorale per il referendum attraverso cui, fra poco più di un mese, le due regioni locomotive dello stivale chiederanno maggiore autonomia dallo stato centralista e canaglia romano.
La consultazione che ha carattere consultivo, assume un valore politico particolarmente importante, in virtù delle conseguenze che potrebbe assumere anche per un Sud ancora stretto nella morsa del centralismo e dell'assistenzialismo. Ed incapace, sinora, di esprimere una classe politica che sappia affrancarlo da logiche vecchie, antiquate oltre che ripugnanti basate solo ed esclusivamente sulla cura del proprio "orticello".
Senza girarci troppo attorno, nel caso specifico, è in ballo il residuo fiscale (ovvero ciò che riceve in termine di beni e servizi un cittadino, al netto delle tasse che ha già pagato allo Stato) che in Lombardia ammonta alla bellezza di 54 miliardi di euro che non si sa in quali tasche vanno a finire e per che cosa vengono spesi.
Ovvero quasi 8 volte tanto rispetto alla Catalogna che il prossimo 1 ottobre andrà anch’essa alle urne per chiedere l’indipendenza da una Spagna che non sta lesinando l’utilizzo di metodologie fasciste e di ispirazione franchista per negarle il sacrosanto diritto alla libertà ed all’autodeterminazione, che pure è sancito all’articolo 20 della Carta ONU e che anch’essa ha sottoscritto.
Nelle stesse ore in cui la comunità internazionale sta vergognosamente a guardare quello che sta accadendo a Barcellona, con la Spagna che ha addirittura mandato i carri armati per soffocare il legittimo desiderio di libertà economica del popolo catalano, qualcosa sembra muoversi nell'ottica della rivoluzione federale al Nord, con la richiesta di autonomia proveniente da Veneto e soprattutto Lombardia.
Un tema particolarmente sentito, in quella che è considerata da tutti come la regione più ricca del Bel Paese che travalica gli schieramenti, come attesta l’adesione di sindaci anche del centrosinistra. A testimonianza che quando il territorio esprime un’esigenza, la logica delle divergenze fra partiti viene messa da parte, in nome di un ragionamento che tiene conto più delle esigenze di chi lavora e produce rispetto, di quelle di chi invece campa di assistenzialismo e parassitismo.

Si è svolto stamani nel Centro Congressi di Malpensafiere della città bustocca, un interessante incontro aperto al pubblico per illustrare ai cittadini le motivazioni e le ragioni di una scadenza elettorale che assume una grande importanza, a poco meno di un anno dalle elezioni che rinnoveranno il Parlamento.
A confronto sindaci anche di centrosinistra come Giorgio Gori (Bergamo) e Davide Galimberti (Varese) ed istituzioni regionali rappresentate in primis dal Governatore della Regione Lombardia, Roberto Maroni che hanno evidenziato come questa consultazione popolare possa portare vantaggi ai cittadini, particolarmente vessati da uno stato arrogante ed usurpatore come quello itagliano.
Sono state illustrate anche le modalità di voto che per la prima volta, e questa è una novità assoluta, prevedono l’utilizzo di una piattaforma telematica attraverso cui sarà possibile esprimere la preferenza da un computer. E con cui, l’esito della consultazione (per la quale ricordiamo non occorrerà il quorum) sarà comunicato in tempo reale con un risparmio in termini di tempi e di costi.
A fare gli onori di casa, Emanuele Antonelli primo cittadino di Busto Arsizio che ha introdotto i lavori sottolineando l’importanza ed il valore di questo voto. “Ci siamo messi a disposizione - ha esordito - affinché ciascun lombardo possa sapere per che cosa vota, a prescindere, dalla scelta che vorrà poi intraprendere. Per questo invito tutti ad andare a votare e di dire sì alla proposta referendaria, perché ci permetterebbe di avere maggiori risorse a disposizione. E di fornire beni e servizi pubblici di maggiore qualità ai cittadini. Busto Arsizio ha sempre rispettato i vincoli del patto di stabilità, ha avuto in questi anni un bilancio con i conti in ordine e tenendo una pressione fiscale su livelli molto bassi, offrendo grande eccellenza nei servizi forniti. Per questo referendum, non stiamo buttando via soldi come ho sentito da qualche parte. L'unica strada realmente percorribile è quella dell'autonomia e citando Gianfranco Miglio adesso dobbiamo essere noi a tenere in mano le carte. Una Lombardia più autonoma ed efficiente - ha poi concluso - può essere utile ed importante anche per il resto del paese. Chi non è dalla parte del referendum, va contro l'interesse dei cittadini e votare sì è giusto".

Il Presidente della Regione Lombardia, Raffaele Cattaneo invece ha battuto il tasto sul possibile pericolo di una bassa influenza alle urne che potrebbe svilire di significato il referendum. "Ringrazio il Consiglio Regionale - ha osservato - che ha votato l'atto con il quale ha autorizzato lo svolgimento di questa votazione, ma dobbiamo capire esattamente qual è l'obiettivo che intendiamo vogliamo raggiungere. Che non è solo e tanto il referendum, quanto soprattutto la posta in gioco che è molto importante se pensiamo che laddove c'è autonomia, c'è crescita. Costruiamo un vestito su misura, con cui gestire le nostre regioni. A chi ritiene questo referendum inutile, rispondo solo che può essere utilissimo ma anche dannosissimo. Perché se a votare ci va ad esempio l'8% degli aventi diritto al voto, significa mettere una pietra tombale su battaglie che stiamo portando avanti ormai da diversi anni. Per questo invito i cittadini ad andare a votare e ad esprimersi per il si', perché se vogliamo l'autonomia vera abbiamo bisogno della forza del popolo. Vogliamo l'autonomia perché possiamo gestire meglio ad esempio la Sanità o la Formazione professionale rispetto a ciò che viene fatto a Roma, con un modello virtuoso. Non è soltanto una questione di avere maggiori risorse a disposizione, ma di competenze che ci vengono attribuite fornendo servizi migliori ai cittadini, e non certo per impoverire il Sud".

Ha preso poi la parola il Governatore Roberto Maroni che nel corso del suo intervento ha tenuto a precisare che "questo non è il referendum ne' di Roberto Maroni, ne' della Lega ma dei lombardi. Vorrei che una volta tanto tutti comprendessero il senso di questa iniziativa che va a vantaggio di tutti i cittadini, e non va nel senso di dividere, come invece accade al Sud. Non speculerò sull'esito di questo referendum per ragioni elettoralistiche, perché il giorno dopo con tutti i sindaci che avranno votato sì, compresi quelli del PD, andrò a Roma per negoziare. Partendo dal quesito, abbiamo inserito due incisi. Ovvero, il carattere di specialità della regione Lombardia, espressa dai numeri del residuo fiscale, cioè la differenza fra quanto i cittadini pagano in tasse e quanto ricevono in cambio dallo stato in termini di servizi e trasferimenti. La Catalogna ha un residuo fiscale di 8 miliardi e vuole diventare indipendente, noi addirittura 54 e mi sembra che ci sia una bella differenza! Le virtuosità e le specialità sono espresse dal nostro tessuto economico, e per chiedere quest'ultima o chiediamo la trasformazione in Regione a statuto speciale come accade per Trentino o Friuli che si tengono i 9/10 delle tasse. Oppure, riconoscerla come Regione speciale che significa riconoscimento da parte del Governo di una parte del residuo fiscale che di sicuro non risulta da una legge e che varia di anno in anno. Numero dei dipendenti che abbiamo, costi che sosteniamo e tanto altro ci mettono al top e penso che su questo possiamo puntare. Il secondo inciso, riguarda l'ambito dell'unità nazionale e non è vero che si tratta di un qualcosa di egoistico. Invitiamo i governatori delle regioni meridionali, ad adottare il nostro modello virtuoso basato sui costi standard che significa spendere meglio. Magari scavalcando Roma, ed adottando lo schema dei fondi europei. Il primo a crederci è stato il Governatore De Luca che si è detto disponibile ad adottare lo schema dei costi standard per la sanità. In merito al referendum un altro aspetto che qui intendo evidenziare è che non è previsto il quorum, è quello che mi aspetto è che vincano i sì. Anche se è chiaro che è importante l'affluenza alle urne in Lombardia e Veneto perché, a seconda di quanti cittadini andranno a votare, si avrà maggiore o minore peso nei negoziati con Roma. Il ruolo delle Regioni, dei Comuni e delle Province, che spero tornino ad essere elettive, va visto come quello di interlocutori con il Governo per riaffermare la funzione delle autonomie. Con questo referendum ciò viene valorizzato, a dispetto di ciò che per fortuna non è passato lo scorso mese di dicembre. Vorrei che il Governo ci lasciasse almeno la metà delle tasse, e potremmo anche chiedere la modifica degli articoli 116 e 117 della Costituzione. Certo, ad oggi, manca ancora una piattaforma rivendicativa ed in questa sede invito nei prossimi giorni i sindaci, a prendere parte a questa proposta dopo un passaggio in consiglio regionale. Sono disponibile e proprio perché non è una battaglia personale sono anche pronto ad approvare uno schema diverso da quello che ho in mente, a patto che sia condivisa e davvero ambiziosa".

Il consigliere regionale, nonché professore di Storia delle dottrine politiche dell'Universita' degli Studi di Milano,  Stefano Bruno Galli ha esaminato gli aspetti più squisitamente tecnici del quesito referendario, partendo dalla legittimità giuridica del principio dell'autonomia che affonda le sue radici nell'articolo 5 della Carta Costituzionale. "Questo articolo - ha osservato - contiene nel secondo comma un'incongruenza, perché lo stato centrale se da un lato ispira anche al decentramento, dall'altro lato può decidere in qualsiasi momento di riprendersi i poteri. Con il nuovo titolo V, è stato introdotto il principio del regionalismo differenziato, di ispirazione spagnola. Il federo-regionalismo spagnolo è una forma di autonomia molto spinta, quasi ai limiti del federalismo con cui sono stati attribuiti una serie di poteri fra il 1978 ed il 1981 ai Paesi Baschi, alla Catalogna ed alla Navarra. L'adozione del regionalismo dell'uniformità non è andato buon fine, perché prevede uguali diritti e livelli di welfare che non è stato possibile garantire a tutti. Dalle nostre parti, ogni tentativo di rinegoziare i rapporti con Roma su un certo numero di materie nel corso degli anni è sempre fallito. Ci hanno provato Trentino, Piemonte, Toscana e Lombardia ma sempre inutilmente. A monte di qualsiasi trattativa, c'è il referendum il cui ricorso è avvalorato dalla Corte Costituzionale e chi sostiene il contrario, sbaglia. Il referendum serve per legittimare il peso della trattativa perché accanto al Governatore, idealmente si siede anche il popolo lombardo che si è espresso. L'autonomia, da sempre, è lotta di popolo così come insegnano le battaglie del Movimento Autonomista Friulano che nel 1963 ha ottenuto lo statuto speciale. Quale strumento migliore, se non quello espressione di una democrazia diretta? Il referendum è uno strumento legittimo, con cui sarà possibile riprendere il cammino intrapreso nel 2001 con il regionalismo differenziato che nessuno ha mai applicato. E se per la sesta volta, il tentativo fallirà occorrerà cambiare l'articolo 116 della Costituzione. Magari andando anche rivedere alcuni paletti come il residuo fiscale, innestando principi basati sulla competitività fra i territori sulla scorta di ciò che accade in Svizzera con i Cantoni. Pena un'ulteriore allargamento del divario fra le Regioni. Occorre trattare su tutte le materie, perché il residuo fiscale che qui ammonta ad oltre 50 miliardi di euro che è un qualcosa che nessuna area in Europa e nel mondo può vantare, impone sfide ben più stimolanti di quelle che sono state sinora poste in essere. Attualmente il rapporto contratto-scambio, tanto caro a Miglio, è iniquo nel caso della Lombardia. Se tutte le Regioni, secondo uno studio condotto da Confcommercio, adottassero lo stesso modello applicato dalla Lombardia, risparmieremmo ogni anno la bellezza di 76 miliardi. Spendendone solo 51 per migliorare la qualità dei beni ed i servizi pubblici anche altrove, ecco che ne resterebbero ancora 25. In merito alla specialità, giuridicamente la Lombardia è già pronta per diventare Regione a statuto speciale al pari di Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Valle D'Aosta, Sicilia e Sardegna. E questo perché il Costituente nella sua mente aveva già previsto la possibilità di elevare le regioni a statuto ordinarie particolarmente virtuose attribuendole il rango della specialità. Sinora, il sistema si è basato sulla presenza di Regioni a stato ordinario virtuose che hanno prodotto residuo fiscale ed altre che se lo sono interamente mangiato. Con la conseguenza - ha quindi terminato - che non è stato possibile produrre PIL. Siamo di fronte ad una sfida epocale che può permetterci di tornare a correre".

L'Assessore all'agricoltura Giovanni Fava ha illustrato ai presenti in sala le modalità assolutamente innovative ed inedite attraverso cui sarà possibile esprimere la propria preferenza di voto che, per la prima volta nella storia repubblicana, sarà elettronico. Poi è stato il turno del Presidente dell'Unione Industriali di Varese, Riccardo Comerio che ha ricordato come "la Lombardia sia il motore di sviluppo del paese, dal momento che copre da sola il 26% della produzione industriale italiana e le imprese della nostra regione detengono il 26,9% della quota export nazionale. Al cospetto di un'Italia debole nel contesto europeo, lo scenario lombardo non solo regge ma addirittura primeggia soprattutto nel settore manifatturiero. È evidente dunque che l'esigenza di una maggiore autonomia, è particolarmente sentita dalle nostre imprese. La nostra posizione è verso un graduale passaggio ad un sistema federalista sostenibile, iniziando a mettere mano alla questione delle competenze concorrenti. Trasporto pubblico, servizio civile, liberalizzazione dei servizi locali, tagli alle partecipazioni: sono temi che bloccano spesso l'iniziativa imprenditoriale e che dunque tarpano ogni possibilità di creare nuova occupazione. Ci auspichiamo che il referendum del 22 ottobre possa fungere da volano per nuove riforme, riduzione della spesa pubblica e della pressione fiscale, applicazione dei costi standard attraverso un nuovo schema infra-regionale. I temi che ci interessano in particolare sono il commercio estero, la tutela e la sicurezza del lavoro, la ricerca scientifica, il governo del territorio, il trasporto, l'energia e la tutela dell'ambiente. Ci aspettiamo, da questo referendum le giuste risorse per il sostenimento dei nostri 9 cluster tecnologici già riconosciuti da Regione Lombardia: aerospazio, mobilità, agrifood, smart communities, tecnologia dell'ambiente, fabbrica intelligente, energia, chimica verde, scienza della vite. La maggiore autonomia sarà un fattore positivo per le aziende solo se sarà possibile contare su regimi legislativi ed amministrativi più equilibrati che consentano maggiore spazio di azione e di libertà per le imprese. Non per il loro interesse particolare, ma per creare sviluppo, ricchezza ed occupazione nell'ottica di un confronto con le parti sociali con cui pervenire ad una proposta condivisa. Una Lombardia dotata di maggiori competenze e risorse può dare una spinta alla crescita ed allo sviluppo non solo del nostro territorio, ma di tutto il paese. La speranza è che i referendum di Veneto e Lombardia possano segnare l'inizio di una stagione di riforme, ed essere volano per il sistema economico".

Particolarmente atteso infine anche il discorso di Giorgio Gori, dal 2014 primo cittadino di Bergamo del PD che da tempo ha dato pubblicamente il proprio assenso al referendum, sia pur con qualche distinguo. "La scelta di alcuni sindaci del centrosinistra di aderire a questa consultazione popolare è stata osteggiata ed anche criticata - ha puntualizzato - ma la nostra presenza qui sta a testimoniare, che è giusto che la regione abbia maggiori poteri, e non certo da oggi. Già tempo fa, mi feci promotore di un'iniziativa con cui, insieme ad altri sindaci, abbiamo chiesto l'applicazione dell'articolo 116. Si potrà capire che non è nostra intenzione lasciare la bandiera dell'autonomia ad una sola parte politica. Anche ricordando ciò che accadde nel 2008, quando il governo Berlusconi, di cui facevano parte quattro ministri leghisti, poteva già devolvere 12 competenze alla Regione Lombardia. Ed invece non fece nulla. Un altro aspetto che intendo evidenziare è che nella scheda è presente l'elemento della specialità, ma da nessuna parte c'è un cenno al residuo fiscale, che nella comunicazione ai cittadini è espresso in maniera consistente. Non ci piace che vengano presi in giro i cittadini, e riteniamo che vadano rafforzate le politiche per il lavoro, la formazione professionale di cui necessitano le nostre imprese, la ricerca scientifica e tecnologica, la tutela dell'ambiente con la sostituzione del parco mezzi e l'efficientamento energetico, la tutela della salute in cui ci auspichiamo maggiore flessibilità nelle spese sanitarie, ed infine poteri di definizione ed allocazione amministrativa. Questa riforma dell'autonomia la vogliamo fare contro il centralismo della regione e la nostra sfida la lanciamo sulle priorità che ho prima elencato. L'impegno dev'essere che chiunque vinca, l'altro deve essere al suo fianco nella trattativa che in ogni caso la Lombardia dovrà aprire con Roma, sia pur con 10 anni di ritardo. Sulla stessa scorta di ciò che farà - ha poi concluso - la Regione Emilia-Romagna il prossimo 3 ottobre, con una piattaforma condivisa".
Appare dunque lapalissiano che Lombardia e Veneto, insieme all'Emilia-Romagna, rinegozieranno di qui a poco il rapporto con Roma, sulla questione del residuo fiscale. Una prospettiva che ci auspichiamo possa aprire il fronte a scenari del tutto nuovi, anche in considerazione delle forti spinte indipendentiste provenienti in particolare da Catalogna e Scozia che potrebbero modificare i rapporti di forza anche e soprattutto nel contesto europeo.

Due dati devono indurre tutti ad una sana e profonda riflessione perché, a nostro avviso, qua non c'è più in ballo una motivazione di carattere meramente ideologica o di schieramento politico, ma molto più concretamente di carattere economico: la Lombardia ha un PIL procapite di 36.600 euro, uguale a quello della Danimarca ed addirittura superiore a Germania (35.800), Svezia (35.700) e Regno Unito (31.200).Valori con il segno meno, invece, per tutte le regioni del Sud che continuano a campare sulle spalle di quelle più produttive come attestano il -6.419 della Puglia ed il -10.617 della Sicilia, situate nelle ultime posizioni della classifica, in riferimento all'Italia. Inoltre, la Lombardia vanta il debito procapite più basso, dal momento che su ciascun cittadino grava un'esposizione di circa 73 euro che è lontana anni luce dai 1.708 del Lazio, i 616 della Calabria ed i 580 della Sicilia.
Al Sud quando si inizierà finalmente a ragionare mettendo sul piatto della bilancia questi discorsi di grande concretezza e pragmatismo? Per quanto tempo ancora assisteremo al balletto delle poltrone e di un modo di fare politica che non tiene conto dell'interesse collettivo, francamente anacronistico e decrepito? I cittadini, dal canto loro, quando si sveglieranno dal sonno e dal torpore in cui sono caduti ormai da interi decenni, chiedendo conto ai propri amministratori pubblici di cosa fanno e di come vengono spesi i soldi, che sono estorti sotto forma di tasse e gabelle e che servono solo a sostenere un carrozzone buono solo a sfamare lavativi e fannulloni della peggior specie e razza?

Francesco Montanino

Lega Sud - Ausonia

Lega Sud Notizie - Alcuni articoli e foto sono prelevati dal web come fonte di notizie. Qualora il proprietario di foto e contenuti volesse richiedere la rimozione delle stesse dal nostro sito, per motivi di copyright, potrà scriverci dal form di contatti. Entro 48 ore il contenuto sarà rimosso dal nostro blog ufficiale.

Posta un commento

 
Copyright © 2013 LEGA SUD - BLOG UFFICIALE
Design by STUDIO EREMITA 4.0 | © LEGA SUD AUSONIA