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martedì 31 ottobre 2017

LA CATALOGNA SPIEGA E ANTICIPA COSA AVVERRA' NEI PROSSIMI ANNI IN EUROPA...


Dal referendum sull’autonomia di Lombardia e Veneto alla proclamazione dell’indipendenza da parte della Catalogna. La settimana appena trascorsa ha scritto una pagina molto importante per chi, come noi, da sempre ci stiamo battendo per cambiare totalmente assetti statali ormai vecchi e decrepiti che non hanno più ragione di essere e di esistere.
L’itaglia, così come l’unione massonica e mafiosa europea, soffre di un male che la destina alla sua totale dissoluzione: il centralismo e la presunzione di governanti arroganti e presuntuosi di poter disporre a proprio piacimento della volontà dei cittadini, ridotti ormai al rango di veri e propri servi della gleba dei tempi moderni.
Questi eventi che sono passati quasi sotto traccia, com’era del resto ampiamente prevedibile, da parte del mainstream meritano invece un’analisi molto attenta ed approfondita perché le conseguenze che possono portare negli equilibri geopolitici del vecchio continente e non solo, sono foriere di cambiamenti che possono avere, per intenderci, la stessa portata storica del caduta del Muro di Berlino di quasi 30 anni fa.
Partiamo dai referendum di Lombardia e Veneto che hanno visto, andare alle urne circa 6 milioni di cittadini ma che vanno esaminati in un’ottica del tutto diversa. Perché mentre in una regione che da tempo soffre il centralismo romano e rivendica la propria identità come quella veneta abbiamo assistito ad uno straordinario successo culminato con un quasi 60% di affluenza ai seggi che ha stracciato il quorum, non altrettanto può dirsi invece in una Lombardia dove invece non si è neppure arrivati al 40%.

Un risultato a dir poco paradossale, perché in quella che viene unanimemente riconosciuta come la locomotiva dello stivale e c’è un residuo fiscale di quasi 60 miliardi di euro (circa 8 volte quello della Catalogna che ha proclamato la propria indipendenza dalla Spagna, per rendere l’idea), la consultazione elettorale non è stata premiata da una partecipazione popolare all’altezza dell’importanza dei temi in ballo.
Non c’era in ballo solo e tanto la questione delle competenze che dovrebbero tornare alle Regioni secondo il dettato dell’art. 116 della Costituzione, ma anche e soprattutto quei soldi dei cittadini che sono trattenuti e naturalmente sprecati da Roma ladrona. Soldi che potrebbero essere utilizzati per fornire beni e servizi pubblici di qualità migliore, ridurre le tasse ad imprese e cittadini, attuare politiche per incentivare la ricerca e la formazione ed altre iniziative miranti, in ogni caso, a migliorare il benessere.
Nella Lombardia governata da Roberto Maroni, il 38% degli aventi diritto al voto (che hanno fra l’altro sperimentato la novità assoluta del voto elettronico con tanto di tablet presente nei seggi) non può considerarsi certo un risultato eccezionale, e di questo l’unico responsabile risponde al nome dell’immarcescibile e recidivo, Matteo Salvini.

Il caro fannullone padano, con la sua vergognosa ambiguità, non ha voluto prendere posizione sul referendum, timoroso com’era di rompere l’alleanza con la sua compagna (s)fascistella Giorgia Meloni, e di dare un duro colpo alla propria lega nazionalista italiota. Circostanza questa che ha disorientato e non poco quell’elettorato leghista che continua ad abboccare alle promesse da marinaio ed alla totale incoerenza di un personaggio che, fra le altre cose, ha avuto nel frattempo anche la brillante idea di togliere la parola “Nord” da un partito che era nato con un sentimento identitario ed anti-sistema.
Salvo poi essere fagocitato dallo stesso mostro statalista e centralista che, a chiacchiere, diceva di combattere ma di cui in realtà è diventato uno strumento per controllare le pulsioni di quegli ampi strati della popolazione che sono ormai stufi di essere vessati e presi in giro da un regime di pagliacci, delinquenti, buffoni, incapaci e collusi come quello itagliano.
Salvini ha tradito la volontà dei suoi stessi elettori e, per quello che ci riguarda, non può essere più considerato il leader di un movimento nato per portare la Padania alla secessione.
Fa riflettere in particolare il risultato di Milano, ad un tempo capitale morale ed oggi invece tristemente ridotta, soprattutto nelle sue periferie, al ripugnante rango di autentica latrina a cielo aperto. Ci sarebbero tutti i presupposti per affrancarsi dal centralismo romano, ma è evidente che non potrà essere – almeno in un lasso di tempo di breve periodo – così, in considerazione dell’indifferenza manifestata dalla maggior parte dei cittadini lombardi che hanno preferito disertare le urne.
Per il Veneto, invece, va fatta un’analisi ben diversa perché il referendum è stato sentito in maniera molto più marcata dalla popolazione che è andata in massa a votare. Un dato che è andato ben al di là delle previsioni degli analisti politici che pronosticavano un’affluenza che difficilmente avrebbe consentito il superamento della fatidica soglia del 50%+1 delle presenza, fissato dal quorum. Andando a fare un giro sui social, si può ben comprendere quale sia stato lo stato d’animo dei veneti, che hanno con orgoglio rivendicato l’essere stati parte di un momento di grande partecipazione ed emozione.

Ed ora toccherà al Governatore Luca Zaia, da qualcuno addirittura indicato quale futuro premier della coalizione di centrodestra, non tradire le aspettative della propria gente che chiede solo più libertà e dignità. Insieme a Maroni, dovrà avere la fermezza di rivendicare maggiore autonomia sulla base di una chiara volontà espressa da un numero comunque significativo di cittadini.
Se davvero si vorrà evitare che si sia trattata dell’ennesima boutade elettorale, che avrà quale prevedibile boomerang quello di allontanare ulteriormente dalla politica chi fa fatica ad arrivare a fine mese o magari vive sulla propria pelle la totale impunità di delinquenti di ogni risma e tipo, è opportuno avere polso e fermezza, senza farsi infinocchiare da quegli apparati di regime che non sono per nulla, disposti ad abbandonare i propri privilegi.
Anche agitando spauracchi palesemente falsi e tendenziosi, come l’addurre quale motivazione ripugnante ed infame quella dell’egoismo nei confronti del Sud, quando in realtà è chiaro – almeno agli occhi dei più attenti – che i soldi delle nostre tasse non si sa in quali tasche vadano a finire. E non sono affatto utilizzati per migliorare la vivibilità e lo sviluppo di questo sgangherato paese.
Il rischio grosso che si corre è che possa essere tutto dilapidato e ridursi ad un sondaggione elettorale posto in essere da forze che a quel punto si rivelerebbero soltanto fintamente federaliste.
Un primo simbolico passo per smentire questa fastidiosa impressione può essere intanto quello di riconoscere l’indipendenza della Catalogna, nella quale, ben altra atmosfera e clima si stanno invece respirando, e non certo da oggi. In questa terra che in maniera fiera e battagliera sta lottando per rivendicare il proprio diritto a secedere da Madrid, venerdì 27 ottobre è stata proclamata - in una seduta del proprio parlamento destinata a passare alla storia - la propria indipendenza.
Il Presidente Carles Puidgemont ha ratificato, di fatto, il risultato del referendum dello scorso 1 ottobre, in cui hanno fatto letteralmente il giro del mondo le immagini della vigliacca e vergognosa repressione posta in essere da Madrid. I carri blindati ed i soldati che manganellano donne e bambini, appartengono ad un periodo buio del secolo scorso che pensavamo essere stato definitivamente consegnato oltre che condannato dalla storia. Ed invece, così non è stato.
Unione Europea e l’ONU se ne sono lavate le mani in maniera pilatesca ed infame, non condannando e punendo a dovere una Spagna che sta violando i diritti civili e politici di un popolo che sta esprimendo in maniera pacifica e gandhiana la sua voglia di libertà e dignità. Non così per il premier di ispirazioni franchista e fascista Mariano Rajoy che considera Barcellona ed i suoi dintorni, un vero e proprio feudo secondo una logica autenticamente medievale. Anche qui, oltre alle ragioni di carattere storico, culturale e linguistico, c’è quella economica se pensiamo che la Catalogna ha un residuo fiscale di circa 8 miliardi di euro che fanno naturalmente gola agli avidi parassiti dello stato centralista iberico, fra i quali campeggia il reuccio da operetta Filippo VI di Borbone.
Il sovrano spagnolo, con una protervia senza pari, non ha avuto alcun riguardo nei confronti dei catalani che dopo essere stati picchiati a sangue dagli scherani in divisa, giunti in massa a Barcellona – udite udite – per impedire allo stesso popolo da cui sono profumatamente pagati, di esprimere un proprio sacrosanto diritto, si sono pure dovuti sorbire la beffa di essere bollati come sleali da questo ominicchio senza ritegno!
La conferma di quanto quella casata – che qualche buontempone vorrebbe far tornare alle nostre latitudini, in nome di una nostalgia che fa rima con vittimismo e piagnonismo - sia stata e continui tuttora ad essere meschina, oltre che palesemente  ridicola e anacronistica. I reali sono anch’essi foraggiati dalle tasse che pagano i catalani, ma questo non conta davvero nulla per chi pensa di poter comandare quasi si trattasse di un diritto divino, e dunque di un atto dovuto.

Il Presidente della Generalitat catalana (che nel frattempo ha chiesto asilo politico al Belgio) ha provato, invano, nelle scorse settimane sia di allacciare un negoziato con Madrid che ricevere l’appoggio di un’Unione Europea che ha addirittura preso le distanze dalle legittime richieste provenienti dal popolo catalano.
Ne abbiamo lette e viste davvero di tutti i colori, nei giornali e nelle televisioni di un regime che ha fatto naturalmente passare l’idea di un’operazione illegale. C’è chi ha invocato, in maniera ridicola oltre che risibile, la longa manus di quella puzzolente carogna di Soros dietro la voglia della Catalogna di affrancarsi dalla Spagna, quando in realtà i suoi sodali si sono già detti totalmente contrari all’idea della sua indipendenza appoggiati da pennivendoli e lacchè travestiti da intellettuali.
Così come il Ministro degli esteri del governo abusivo Gentiloni, al secolo Angelino Alfano, dichiarare che è “inaccettabile” quando in realtà dovrebbe chiedersi a quale titolo ed in forza di cosa riveste quel ruolo visto e considerato che nessuno l’ha mai eletto!!!! O addirittura una presa di posizione da parte degli americani, quando in realtà Donald Trump non si è mai espresso a tal proposito, in un senso o in un altro.

Stendiamo poi un velo pietoso sia sulle dichiarazioni patetiche di Salvini che sulle iniziative demagogiche di Giggino De Magistris che aveva fatto issare la bandiera catalana, salvo poi essere costretto repentinamente ad ammainarla da Palazzo San Giacomo a Napoli, su pressione dei soliti falliti neobarbonici.
Quel che è certo è che la volontà di Madrid di arrestare e destituire chi rappresenta le aspettative di un popolo, in applicazione di una norma liberticida e schifosa come quella contenuta nell’articolo 155 di una costituzione capestro, non fa altro che gettare ulteriore benzina su un fuoco che cova sotto la cenere. E che potrebbe divampare in un autentico incendio, da un momento all’altro. Perché dopo i catalani, la nostra impressione è che altri popoli potrebbero ben presto accodarsi e seguire l’esempio: corsi, baschi, scozzesi ed anche se per ora un po’ più distanti i veneti. Con la speranza che anche il Sud e la Sicilia possano finalmente destarsi dal torpore e dalla subalternità nei quali sono caduti, da ormai oltre 150 anni a questa parte. Anche se siamo totalmente consapevoli che, dalle nostre parti, occorrerà molto ma molto più tempo.

Se Puidgemont troverà il riconoscimento internazionale di almeno 5 paesi, ecco che gli scenari che si prospettano potrebbero assestare il colpo mortale a tutti gli assetti statalisti e centralisti, sia nazionali che europei. Il maggiore indiziato nel sostenere – anche indirettamente - un’iniziativa di appoggio all’indipendenza catalana, sotto questo aspetto, potrebbe essere il presidente russo Vladimir Putin che a quel punto sarà davvero il leader del mondo libero, ribelle di fronte all’oppressione di un manipolo di paranoici e bastardi che credono di poter fare quel che vogliono dei destini di milioni e milioni di persone!

Francesco Montanino

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