Dal referendum
sull’autonomia di Lombardia e Veneto alla proclamazione
dell’indipendenza da parte della Catalogna.
La settimana appena trascorsa ha scritto una pagina molto importante per chi,
come noi, da sempre ci stiamo battendo per cambiare totalmente assetti statali
ormai vecchi e decrepiti che non hanno più ragione di essere e di esistere.
L’itaglia, così come l’unione massonica e
mafiosa europea, soffre di un male che la destina alla sua totale dissoluzione:
il centralismo e la presunzione di governanti arroganti e presuntuosi di poter
disporre a proprio piacimento della volontà dei cittadini, ridotti ormai al
rango di veri e propri servi della gleba dei tempi moderni.
Questi eventi che
sono passati quasi sotto traccia, com’era del resto ampiamente prevedibile, da
parte del mainstream meritano invece
un’analisi molto attenta ed approfondita perché le conseguenze che possono
portare negli equilibri geopolitici del vecchio continente e non solo, sono
foriere di cambiamenti che possono avere, per intenderci, la stessa portata
storica del caduta del Muro di Berlino
di quasi 30 anni fa.
Partiamo dai
referendum di Lombardia e Veneto che hanno visto, andare alle urne circa 6
milioni di cittadini ma che vanno esaminati in un’ottica del tutto diversa.
Perché mentre in una regione che da tempo soffre il centralismo romano e
rivendica la propria identità come quella veneta abbiamo assistito ad uno
straordinario successo culminato con un quasi 60% di affluenza ai seggi che ha
stracciato il quorum, non altrettanto può dirsi invece in una Lombardia dove
invece non si è neppure arrivati al 40%.
Un risultato a dir
poco paradossale, perché in quella che viene unanimemente riconosciuta come la
locomotiva dello stivale e c’è un residuo fiscale di quasi 60 miliardi di euro
(circa 8 volte quello della Catalogna che ha proclamato la propria indipendenza
dalla Spagna, per rendere l’idea), la consultazione elettorale non è stata
premiata da una partecipazione popolare all’altezza dell’importanza dei temi in
ballo.
Non c’era in ballo
solo e tanto la questione delle competenze che dovrebbero tornare alle Regioni
secondo il dettato dell’art. 116 della Costituzione, ma anche e soprattutto
quei soldi dei cittadini che sono trattenuti e naturalmente sprecati da Roma
ladrona. Soldi che potrebbero essere utilizzati per fornire beni e servizi
pubblici di qualità migliore, ridurre le tasse ad imprese e cittadini, attuare
politiche per incentivare la ricerca e la formazione ed altre iniziative
miranti, in ogni caso, a migliorare il benessere.
Nella Lombardia
governata da Roberto Maroni, il 38%
degli aventi diritto al voto (che hanno fra l’altro sperimentato la novità
assoluta del voto elettronico con tanto di tablet presente nei seggi) non può
considerarsi certo un risultato eccezionale, e di questo l’unico responsabile
risponde al nome dell’immarcescibile e recidivo, Matteo Salvini.
Il caro fannullone
padano, con la sua vergognosa ambiguità, non ha voluto prendere posizione sul
referendum, timoroso com’era di rompere l’alleanza con la sua compagna
(s)fascistella Giorgia Meloni, e di
dare un duro colpo alla propria lega nazionalista italiota. Circostanza questa
che ha disorientato e non poco quell’elettorato leghista che continua ad
abboccare alle promesse da marinaio ed alla totale incoerenza di un personaggio
che, fra le altre cose, ha avuto nel frattempo anche la brillante idea di
togliere la parola “Nord” da un partito che era nato con un sentimento
identitario ed anti-sistema.
Salvo poi essere
fagocitato dallo stesso mostro statalista e centralista che, a chiacchiere,
diceva di combattere ma di cui in realtà è diventato uno strumento per
controllare le pulsioni di quegli ampi strati della popolazione che sono ormai
stufi di essere vessati e presi in giro da un regime di pagliacci, delinquenti,
buffoni, incapaci e collusi come quello itagliano.
Salvini ha tradito la
volontà dei suoi stessi elettori e, per quello che ci riguarda, non può essere
più considerato il leader di un movimento nato per portare la Padania alla
secessione.
Fa riflettere in
particolare il risultato di Milano, ad un tempo capitale morale ed oggi invece
tristemente ridotta, soprattutto nelle sue periferie, al ripugnante rango di
autentica latrina a cielo aperto. Ci sarebbero tutti i presupposti per
affrancarsi dal centralismo romano, ma è evidente che non potrà essere – almeno
in un lasso di tempo di breve periodo – così, in considerazione
dell’indifferenza manifestata dalla maggior parte dei cittadini lombardi che
hanno preferito disertare le urne.
Per il Veneto,
invece, va fatta un’analisi ben diversa perché il referendum è stato sentito in
maniera molto più marcata dalla popolazione che è andata in massa a votare. Un
dato che è andato ben al di là delle previsioni degli analisti politici che
pronosticavano un’affluenza che difficilmente avrebbe consentito il superamento
della fatidica soglia del 50%+1 delle presenza, fissato dal quorum. Andando a
fare un giro sui social, si può ben comprendere quale sia stato lo stato
d’animo dei veneti, che hanno con orgoglio rivendicato l’essere stati parte di
un momento di grande partecipazione ed emozione.
Ed ora toccherà al
Governatore Luca Zaia, da qualcuno
addirittura indicato quale futuro premier della coalizione di centrodestra, non
tradire le aspettative della propria gente che chiede solo più libertà e
dignità. Insieme a Maroni, dovrà avere la fermezza di rivendicare maggiore
autonomia sulla base di una chiara volontà espressa da un numero comunque
significativo di cittadini.
Se davvero si vorrà
evitare che si sia trattata dell’ennesima boutade elettorale, che avrà quale prevedibile
boomerang quello di allontanare ulteriormente dalla politica chi fa fatica ad
arrivare a fine mese o magari vive sulla propria pelle la totale impunità di
delinquenti di ogni risma e tipo, è opportuno avere polso e fermezza, senza
farsi infinocchiare da quegli apparati di regime che non sono per nulla,
disposti ad abbandonare i propri privilegi.
Anche agitando
spauracchi palesemente falsi e tendenziosi, come l’addurre quale motivazione ripugnante
ed infame quella dell’egoismo nei confronti del Sud, quando in realtà è chiaro
– almeno agli occhi dei più attenti – che i soldi delle nostre tasse non si sa
in quali tasche vadano a finire. E non sono affatto utilizzati per migliorare
la vivibilità e lo sviluppo di questo sgangherato paese.
Il rischio grosso che
si corre è che possa essere tutto dilapidato e ridursi ad un sondaggione
elettorale posto in essere da forze che a quel punto si rivelerebbero soltanto
fintamente federaliste.
Un primo simbolico
passo per smentire questa fastidiosa impressione può essere intanto quello di
riconoscere l’indipendenza della Catalogna, nella quale, ben altra atmosfera e
clima si stanno invece respirando, e non certo da oggi. In questa terra che in maniera
fiera e battagliera sta lottando per rivendicare il proprio diritto a secedere
da Madrid, venerdì 27 ottobre è stata proclamata - in una seduta del proprio
parlamento destinata a passare alla storia - la propria indipendenza.
Il Presidente Carles Puidgemont ha ratificato, di
fatto, il risultato del referendum dello scorso 1 ottobre, in cui hanno fatto
letteralmente il giro del mondo le immagini della vigliacca e vergognosa
repressione posta in essere da Madrid. I carri blindati ed i soldati che
manganellano donne e bambini, appartengono ad un periodo buio del secolo scorso
che pensavamo essere stato definitivamente consegnato oltre che condannato dalla
storia. Ed invece, così non è stato.
’Unione Europea e l’ONU se ne sono lavate le mani in maniera pilatesca ed infame, non
condannando e punendo a dovere una Spagna che sta violando i diritti civili e
politici di un popolo che sta esprimendo in maniera pacifica e gandhiana la sua
voglia di libertà e dignità. Non così per il premier di ispirazioni franchista
e fascista Mariano Rajoy che
considera Barcellona ed i suoi dintorni, un vero e proprio feudo secondo una
logica autenticamente medievale. Anche qui, oltre alle ragioni di carattere
storico, culturale e linguistico, c’è quella economica se pensiamo che la
Catalogna ha un residuo fiscale di circa 8 miliardi di euro che fanno
naturalmente gola agli avidi parassiti dello stato centralista iberico, fra i
quali campeggia il reuccio da operetta Filippo
VI di Borbone.
Il sovrano spagnolo,
con una protervia senza pari, non ha avuto alcun riguardo nei confronti dei
catalani che dopo essere stati picchiati a sangue dagli scherani in divisa,
giunti in massa a Barcellona – udite udite – per impedire allo stesso popolo da
cui sono profumatamente pagati, di esprimere un proprio sacrosanto diritto, si
sono pure dovuti sorbire la beffa di essere bollati come sleali da questo ominicchio senza ritegno!
La conferma di quanto
quella casata – che qualche buontempone vorrebbe far tornare alle nostre
latitudini, in nome di una nostalgia che fa rima con vittimismo e piagnonismo -
sia stata e continui tuttora ad essere meschina, oltre che palesemente ridicola e anacronistica. I reali sono
anch’essi foraggiati dalle tasse che pagano i catalani, ma questo non conta
davvero nulla per chi pensa di poter comandare quasi si trattasse di un diritto
divino, e dunque di un atto dovuto.
Il Presidente della Generalitat catalana (che nel frattempo
ha chiesto asilo politico al Belgio) ha provato, invano, nelle scorse settimane
sia di allacciare un negoziato con Madrid che ricevere l’appoggio di un’Unione
Europea che ha addirittura preso le distanze dalle legittime richieste
provenienti dal popolo catalano.
Ne abbiamo lette e
viste davvero di tutti i colori, nei giornali e nelle televisioni di un regime
che ha fatto naturalmente passare l’idea di un’operazione illegale. C’è chi ha
invocato, in maniera ridicola oltre che risibile, la longa manus di quella puzzolente carogna di Soros dietro la voglia della Catalogna di affrancarsi dalla Spagna,
quando in realtà i suoi sodali si sono già detti totalmente contrari all’idea
della sua indipendenza appoggiati da pennivendoli e lacchè travestiti da
intellettuali.
Così come il Ministro
degli esteri del governo abusivo Gentiloni,
al secolo Angelino Alfano,
dichiarare che è “inaccettabile” quando in realtà dovrebbe chiedersi a quale
titolo ed in forza di cosa riveste quel ruolo visto e considerato che nessuno
l’ha mai eletto!!!! O addirittura una presa di posizione da parte degli
americani, quando in realtà Donald Trump
non si è mai espresso a tal proposito, in un senso o in un altro.
Stendiamo poi un velo
pietoso sia sulle dichiarazioni patetiche di Salvini che sulle iniziative
demagogiche di Giggino De Magistris
che aveva fatto issare la bandiera catalana, salvo poi essere costretto
repentinamente ad ammainarla da Palazzo
San Giacomo a Napoli, su pressione dei soliti falliti neobarbonici.
Quel che è certo è
che la volontà di Madrid di arrestare e destituire chi rappresenta le
aspettative di un popolo, in applicazione di una norma liberticida e schifosa
come quella contenuta nell’articolo 155 di una costituzione capestro, non fa
altro che gettare ulteriore benzina su un fuoco che cova sotto la cenere. E che
potrebbe divampare in un autentico incendio, da un momento all’altro. Perché
dopo i catalani, la nostra impressione è che altri popoli potrebbero ben presto
accodarsi e seguire l’esempio: corsi, baschi, scozzesi ed anche se per ora un
po’ più distanti i veneti. Con la speranza che anche il Sud e la Sicilia
possano finalmente destarsi dal torpore e dalla subalternità nei quali sono
caduti, da ormai oltre 150 anni a questa parte. Anche se siamo totalmente
consapevoli che, dalle nostre parti, occorrerà molto ma molto più tempo.
Se Puidgemont troverà
il riconoscimento internazionale di almeno 5 paesi, ecco che gli scenari che si
prospettano potrebbero assestare il colpo mortale a tutti gli assetti
statalisti e centralisti, sia nazionali che europei. Il maggiore indiziato nel
sostenere – anche indirettamente - un’iniziativa di appoggio all’indipendenza
catalana, sotto questo aspetto, potrebbe essere il presidente russo Vladimir Putin che a quel punto sarà
davvero il leader del mondo libero, ribelle di fronte all’oppressione di un
manipolo di paranoici e bastardi che credono di poter fare quel che vogliono dei
destini di milioni e milioni di persone!
Francesco Montanino
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