Attenti a quei tre.
No, non è il remake di un fortunato film di qualche tempo fa. Ma, ben meno
amenamente, un riferimento ai disastri contabili dei comuni di Torino, Roma e
Napoli e denunciati da tempo dalla Corte dei Conti. Un argomento di cui si è colpevolmente
sottaciuto, ma che rischia di mandare letteralmente in default queste tre
grandi metropoli, in cui appaiono evidenti oltre che gravissimi gli errori e le
omissioni dei rispettivi primi cittadini che stanno dando sconcertanti prove di
incapacità gestionale.
Chiara Appendino, Virginia
Raggi e Luigi De Magistris
stanno letteralmente portando al disastro i conti pubblici dei capoluoghi di
regione di Piemonte, Lazio e Campania, alle prese con enormi difficoltà nel
trovare la quadra necessaria per un bilancio che potrebbe decretarne il
fallimento, non solo finanziario ma anche e soprattutto politico.
Merito (o colpa,
dipende dai casi) di un articolo pubblicato sul quotidiano “Il Sole 24 Ore”
qualche giorno fa, in cui sono state messe sul banco degli imputati certe worst practice perpetrate da quegli
amministratori pubblici che continuano allegramente a sperperare il denaro dei
contribuenti, non solo fornendo beni e servizi pubblici che troppo spesso sono
di qualità orrenda. Ma addirittura utilizzando tali soldi per far felici solo
ed esclusivamente quegli “amici degli amici” che garantiscono quei voti
necessari per continuare ad essere appollaiati sugli scranni. Il tutto in
barba, anche ai rigidi parametri fissati in materia di equilibrio contabile e gestionale
dall’Unione Europea, che richiede una certa sobrietà nell’utilizzo delle
risorse di cui si dispone (il cosiddetto Patto di Stabilità, per intenderci).
Insomma, ancora una
volta è stato tradito il mandato degli elettori che chiedono solo che la res venga gestita ed amministrata in
maniera sana, oculata, efficiente e razionale. Concetti che evidentemente non
albergano nelle menti e nei cuori di questi personaggi, dediti come sono a fare
facile demagogia ed a non dare risposte concrete ai cittadini che pure
avrebbero il diritto di essere edotti in merito all’operato di chi si ricorda
di loro, solo quando c’è da elemosinare il voto. Salvo poi fregarsene altamente
quando si tratta di agire, nel vero senso della parola.
In comune, questi tre
guitti hanno la loro rinomata incapacità nel gestire e risolvere i problemi di
altrettante città, che andrebbero certamente affrontati con maggiore
concretezza e minor demagogia.
Da chi si
autoproclama unilateralmente rappresentante del “nuovo che avanza” o della “parte
onesta della società”, del resto, abbiamo sempre abbondantemente diffidato.
Tanto Giggino “o’ sindachino”, quanto le due esponenti del M5S non ci hanno mai
totalmente convinto, ed anzi sono stati oggetto delle nostre critiche. Anche
stavolta, come potrete leggere ed evincere, a ragion veduta.
Ma andiamo nel
dettaglio e vediamo cosa rientra nell’attenta analisi condotta dal giornale
economico. Partiamo dalla sabauda e grigia Torino, nella quale da circa due
anni Chiara Appendino svolge il
ruolo di primo cittadino essendo stata eletta nel movimento grillino. Ovvero il
contenitore utile al regime per tenere in un alveo ben controllato le pulsioni
provenienti dall’estrema sinistra. Non staremo qui a ripercorrere le
mirabolanti gesta con cui quello che ad un tempo era uno stimato comico, è
sceso nell’agone politico con tanto di visita documentata da foto e
testimonianze dirette sullo yacht massone “Britannia”, nel lontano 1992.
Fatto sta che – si
legge nel quotidiano economico - il capoluogo piemontese, si ritrova con una
bella voragine nei propri conti causata dall’azienda di trasporti (GTT) che non
riesce a riscuotere i crediti. Circostanza che sta trascinando il Comune di
Torino inesorabilmente verso il default, mentre la Magistratura ha contestato
alla Sindaca ed all’assessore al bilancio anche il falso ideologico (ovvero
quello che è per un’azienda privata, il falso in bilancio) sui 5 milioni di
euro non restituiti alla REAM, la società che acquisì la prelazione (poi andata
ad altri) su quell’area in cui dovrebbe sorgere il nuovo centro congressi della
città.
Ma non è tutto. La
seguace grillina sta deludendo le aspettative dei torinesi anche per il non essere
stata in grado di risolvere l’annoso problema della sicurezza pubblica, dal
momento che è una delle città maggiormente a rischio criminalità. Grazie anche
e soprattutto all’inaccettabile lassismo nei confronti di malintenzionati e
delinquenti di ogni risma e “risorse” che infestano le aree antistanti alle
stazioni ferroviarie che pullulano dunque di gente poco raccomandabile. Sono
altresì note anche le discutibili posizioni a favore della finanza islamica,
spacciata per opportunità di integrazione per scopi, che ci appaiono alquanto
nebulosi ed assai poco chiari.
Non vanno poi tanto
diversamente le cose a Roma, in cui Virginia Raggi non è riuscita che ad
incassare solo ¼ delle contravvenzioni e
le sanzioni elevate agli automobilisti o ai titolari di bar e ristoranti che
posizionano i propri tavolini al di fuori degli spazi loro consentiti. Per non
parlare poi delle rette degli asili nido o il trasporto scolastico che pure
dovrebbero alimentare il bilancio comunale che risulta essere in sofferenza,
anche per i crediti vantati nei confronti della municipalizzata del trasporto
pubblico (l’ATAC) che si trova a metà strada fra il concordato ed il
fallimento. Per il resto, la mala gestione della capitale è sotto gli occhi di
tutti con la storia delle nomine che è a dir poco grottesca oltre che umiliante,
e che ancora deve dirci molte cose.
E per finire, eccoci
a Napoli. La capitale del sud è gestita in modo a dir poco vergognoso oltre che
approssimativo da Giggino “o’ sindachino” De Magistris che rappresenta meno del
20% del corpo elettorale partenopeo.
In questi anni, non
abbiamo mai lesinato critiche a questo primo cittadino, letteralmente incapace
di dare risposte ai napoletani e più aduso a gettare fumo negli occhi, che non
ad impegnarsi realmente per migliorare la reputazione e la vivibilità di una
città bellissima. Ma purtroppo piena di problemi che nessuno ha mai voluto
seriamente affrontare e risolvere.
E non ci riferiamo
solo a quelli atavici della camorra o della disoccupazione, ma anche alle
criticità in termini di qualità servizi pubblici, in cui siamo perennemente in
territorio negativo. Basti pensare allo stato comatoso ad esempio dei mezzi di
trasporto che non garantiscono per niente il diritto allo spostamento che
eppure è esiziale per chi lavora, studia o viaggia solo per piacere. O anche
delle strade che, in alcuni quartieri della città, presentano gravi segni di
dissesto.
A Napoli la
situazione è peggiore se possibile di Roma e Torino, anche dal punto di vista
finanziario. Ma di questo non avevamo dubbi e non sappiamo davvero se ridere o
piangere, stando a quello che di seguito racconteremo.
La Corte dei Conti ha
infatti calcolato che nello scorso anno, Palazzo San Giacomo è riuscita – udite
udite – a recuperare solo l’1,75% delle entrate previste nei bilanci degli anni
precedenti ma non ancora (?!) incassate.
La domanda a questo
punto sorge spontanea: sulla base di quali elementi, il genio che ha redatto il
bilancio ha previsto tali entrate? Quali sono le voci che avrebbero dovuto
permettere a questo ente di poter disporre delle risorse economiche necessarie
per poter poi provvedere alle spese? I vigili urbani, per fare l’esempio che
maggiormente viene in mente, quanti verbali devono redigere affinché il Comune
di Napoli riesca a rispettare queste fantomatiche previsioni? Insomma, siamo di
fronte ad un qualcosa di veramente assurdo e paradossale, e non è davvero
difficile immaginare il perché.
Le regole contabili
in tema di bilanci degli enti pubblici, sono molto chiare in tal senso e
ricalcano le norme che la Costituzione (ed anche l’ancor più rigido Patto di
Stabilità) prevede all’articolo 81: non è possibile spendere, se prima non si
hanno i soldi necessari per poterlo fare.
Molto semplice, anche
per la massaia o per chi comunque deve portare il piatto a tavola a fine mese e
deve trovare il modo per far quadrare i conti. Ma non certo per chi ha il
compito di amministrare in nome e per conto dei cittadini, dimenticando spesso
e volentieri che è proprio da questi ultimi che viene profumatamente pagato. E
che dunque ha l’obbligo morale anche di essere trasparente, quando si tratta di
amministrare le tasse loro estorte.
Contravvenendo a ogni
elementare principio anche di semplice buonsenso, a Napoli non mai è stato
così. Perché mentre di queste presunte entrate non si incamerava che una cifra
irrisoria, si è continuato a spendere ed a dilapidare soldi pubblici in opere
inutili che di sicuro non hanno arrecato alcun beneficio ai cittadini. I quali,
nel frattempo, hanno continuato, continuano )e continueranno a farlo anche in
futuro) a pagare la tassa sulla spazzatura più alta del paese e ad usufruire di
servizi pubblici che - come abbiamo già avuto modo di evidenziare
precedentemente - versano in massima parte in condizioni a dir poco pietose. Le
responsabilità di Giggino e dell’armata Brancaleone che compone la sua squadra
di governo, sono evidenti e sotto gli occhi di tutti. In un paese normale, il
Comune di Napoli sarebbe già stato commissariato da tempo.
Francesco Montanino
Posta un commento