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mercoledì 7 marzo 2018

I VATE (R) DELLA NUOVA ITAGLIA...

Un paese ingovernabile e politicamente (e non più geograficamente) diviso in due distinte realtà, con la concreta prospettiva di un immediato ritorno al voto. Non crediamo di allontanarci eccessivamente dalla verità, se volessimo liquidare in poche ma stringate battute l’esito di questa tornata elettorale che ha visto i successi dei due lati dell’inconsistenza e del nulla politico rappresentati rispettivamente da Matteo Salvini e da Luigi Di Maio. Cui hanno fatto da contraltare il crollo del PD e della sinistra e la tenuta assai stentata di Forza Ita(g)lia.
Alla fine, le urne hanno partorito il topolino della mancanza di una maggioranza con i numeri necessari per governare, dal momento che tanto alla Camera quanto al Senato il Movimento 5 Stelle e la coalizione di centrodestra non avrebbero il via libera per dar vita ad un esecutivo. Lo scenario più probabile è dunque quello di nuove elezioni, a meno che i partiti di regime non ci delizino con nuovi inciuci attraverso cui prendere in giro gli elettori che stavolta sono accorsi in massa ai seggi, come attesta la percentuale del 74% di affluenza. 

Ha fatto molto male, piuttosto, vedere scomparire totalmente dal dibattito politico la tematica di una riforma in senso federale di un paese in avanzato stato di putrefazione come questo. Perché la campagna elettorale che ci siamo appena lasciati alle spalle, la ricorderemo come quella in cui gli aspiranti candidati premier (o presunti tali) non hanno mai dato vita a confronti pubblici, necessari affinché gli elettori potessero immediatamente soppesare e confrontare le varie offerte politiche. Così invece non è stato, ed abbiamo visto spot fare la comparsa sui social, mentre in pochissimi sapevano che in Lazio ed in Lombardia si votava anche per il rinnovo dei rispettivi consigli regionali.
Tornando all’analisi del risultato politico, stiamo notando in queste ore come tanto il fannullone padano Salvini, quanto il bimbominkia Di Maio chiedono a gran voce il mandato “esplorativo” attraverso cui formare il nuovo governo. Indipendentemente da chi per primo riceverà tale incombenza, appare chiaro agli occhi di tutti che mai questa volta, il concetto di unità d’itaglia sia quanto meno lontano. Vediamo il perché. Al Nord, il centrodestra ha – come da previsioni – fatto il pieno di voti, conquistando anche regioni storicamente di sinistra come l’Emilia Romagna, sulla scia dei referendum sull’autonomia dello scorso mese di ottobre con cui Lombardia e Veneto hanno fatto chiaramente capire a Roma di essere stufe di vedersi trattenere le proprie risorse dallo stato centrale. Da qui però a dire che le tematiche secessioniste possano trovare vigore ce ne passa. Perché la Lega di Salvini ha abiurato qualsiasi istanza indipendentista con la quale era invece nata, alleandosi con gli sfigati (s)fascistelli della Meloni e ricadendo comunque nell’area di influenza berlusconiana, dopo che il parassita padano aveva urlato e promesso ai quattro venti ed a più riprese che non si sarebbe mai alleato con l’ex Cavaliere di Arcore.

Invece, abbiamo assistito ad una riproposizione 3.0 di un’alleanza che abbiamo imparato purtroppo a conoscere a metà degli anni ’90 e sino al 2011, quando Berlusconi fu costretto alle dimissioni da un complotto ordito dagli eurocrati che pensarono bene di piazzare Monti ed altri mefitici personaggi come i Letta, i Renzi o i Gentiloni che non hanno mai ricevuto la necessaria investitura popolare.
Le promesse di una riduzione delle tasse e di maggiore sicurezza, seppure condivisibili, potrebbero essere attuate solo in un contesto realmente federale e non certo in un paese come questo, malato di assistenzialismo, burocrazia e statalismo.
Dall’altro capo della barricata, possiamo tranquillamente affermare – e senza timore di essere smentiti – che molti dei voti conquistati in precedenza dal PD sono stati fagocitati dal Movimento 5 Stelle che al Sud ha dilagato in maniera clamorosa.
Per Renzi, Gentiloni e l’intera sinistra si è trattata di una batosta dalle proporzioni tutto sommato prevedibili, dal momento che tale coalizione non solo ha riempito a dismisura il nostro paese di immigrati irregolari creando gravissimi problemi di ordine pubblico, ma ha peggiorato in maniera sensibile la condizione economica di ampi strati della popolazione, impoverendola a suon di tasse e gabelle che sono servite per alimentare quello che in realtà può essere catalogato quale spregevole e vergognoso mercimonio. Attraverso cui si sono arricchite certe cooperative e pseudo associazioni umanitarie, a scapito di chi produce e fa sempre più fatica a far quadrare i conti a fine mese. Sono apparsi stucchevoli e patetici gli squallidi tentativi di rispolverare gli spettri del fascismo, quando le sigle di estrema destra hanno raccattato percentuali da prefisso telefonico e certi episodi come quelli di Macerata - seppur deprecabili e condannabili senza se e senza ma - sono stati la reazione (ribadiamo, sbagliata) di una delle tante bravate delle risorse che certe anime belle come la Boldrini non si sono mai prese la briga di condannare, nonostante fossimo stati in presenza di un orrore commesso ai danni di una donna!

Non è difficile per tali motivi intuire che è bastato promettere la luna (nella fattispecie il reddito di cittadinanza a disoccupati, precari e giovani) per ottenere quei voti che hanno reso il partito di Grillo, il primo per numero di consensi conquistati. Insomma, siamo tornati ai tempi del voto di scambio attraverso cui all’elettore bastava contrassegnare il simbolo del partita che ne andava elemosinando il voto, per avere in cambio un favore. Qualcuno ha tirato in ballo i pacchi di pasta elargiti da Achille Lauro ai tempi in cui è stato primo cittadino di Napoli, ma tutti sanno che qui stiamo disquisendo di qualcosa di ben più grande. Stavolta si parla di una cospicua somma di denaro, presa non si sa bene da dove, allo scopo di illudere milioni e milioni di persone che considerano l’ex venditore di bibite Di Maio, quale il loro nuovo Messia sceso dal cielo……
Nel programma pentastellato, al di là di queste facili promesse e di un atteggiamento ancora ambiguo in merito al gravissimo problema rappresentato dall’immigrazione selvaggia, non c’è alcuna traccia di misure volte a sviluppare l’imprenditoria al Sud. Perché la nostra terra ha sì sicuramente bisogno di lavoro e benessere, ma non certo nel modo con cui in maniera assai illusoria e demagogica qualcuno ha pensato bene di fare, in queste ultime settimane.
Occorre infatti creare le condizioni affinché chi voglia fare impresa dalle nostre parti lo possa fare, contando su un fisco non più oppressivo, potendo contare sullo snellimento delle procedure burocratiche ed infine un pacchetto di misure attraverso cui eliminare ed estirpare totalmente la criminalità presente ancora sul nostro territorio. Non abbiamo sentito da nessuno pronunciare tali concetti, e ciò non ha fatto altro che attestare la mentalità tipicamente assistenzialista e parassitaria di ampi strati della popolazione meridionale, che non ha perso il deprecabile vizio di stare dietro ad improbabili pifferai magici. Dando dunque per l’ennesima volta il peggio di sé.

Dopo la Democrazia Cristiana ed i nipotini dei comunisti, adesso è il turno di chi sta promettendo mari e monti, ben sapendo che si tratta di un libro dei sogni di difficile realizzazione. Non basta in maniera demagogica dire che saranno ridotti gli stipendi dei parlamentari o eliminati i vitalizi. Certo, si tratta di una best practice che doveva essere adottata già da alcuni lustri. Ma sino a quando esisteranno dei carrozzoni che campano grazie alle tasse estorte da questo stato sciacallo e criminale, riteniamo che la riduzione del deficit e del debito pubblici siano obiettivi molto difficili da raggiungere. E che ancora peseranno sulle nostre già esangui tasche chissà per quanto tempo ancora!
Il Movimento 5 Stelle, lo ribadiamo con forza e rinnovato vigore, non può assurgere al rango di entità meridionalista dal momento che è mosso dalla massoneria internazionale, storicamente nemica della nostra terra e che ha sempre visto con grande preoccupazione le istanze indipendentiste provenienti ad esempio da realtà come la Catalogna, la Scozia o i Paesi Baschi.
Siamo sempre dell’idea che il Mezzogiorno per potersi finalmente affrancare da tale condizione di subalternità, debba innanzitutto secedere da un’itaglia che lo ha letteralmente spolpato, sotto tutti i punti di vista in oltre 150 anni di unità fittizia. Non chiediamo affatto la guerra civile, così come qualche allocco di regime vorrebbe far credere al solo scopo di continuare a preservare la propria immeritata posizione di privilegio. Ma molto più semplicemente applicare un diritto – quello all’autodeterminazione dei popoli – che è sancito anche dall’ONU e che dunque dovrebbe spettarci. Un Sud federale ed in grado di sviluppare autonomamente le proprie immense risorse e di darsi proprie leggi tanto in materia di sicurezza (anche ricorrendo a provvedimenti eccezionali, pur di espellere il pus rappresentato dalle organizzazioni criminali presenti sul suo territorio che ne hanno sempre tarpato qualsiasi voglia di riscatto e di rivalsa), quanto di misure volte ad attrarre capitali dall’estero attraverso la sburocratizzazione e un regime fiscale agevolato sulla scia di quanto sta ad esempio accadendo in realtà come Svizzera, Russia, Bulgaria ed altri paesi dell’est europeo e non solo, nei quali molti imprenditori nostrani si sono recati per poter sviluppare i propri business. Il tutto accompagnato dall’uscita dall’Euro (moneta che ha letteralmente messo in ginocchio il Sud) e la revisione di certi trattati internazionali che si sono rivelati essere solo perniciosi per i nostri interessi.

Ecco, basterebbe questo solo per cominciare. Si tratta di misure semplici e dettate dal buonsenso che però in questo paese difficilmente fanno presa perché ci sono interessi particolari ancora duri ad essere estirpati ed ognuno pensa egoisticamente al proprio orticello. Perché anche quei nostri conterranei che pensano di campare alle spalle di chi lavora e produce, senza fare un cazzo dalla mattina alla sera non sono poi molto diversi da chi invece, in maniera superba ed arrogante, ritiene di appartenere ad una razza superiore.
Si prospetta, dunque, un futuro assai nebuloso per questo paese che è sul punto di esplodere definitivamente, con una spaccatura che lascia comunque presagire uno spazio per i movimenti che si ispirano a tematiche federaliste ed indipendentiste che rilancino un tema che è l’unica strada da percorrere per evitare un disastro che vediamo sempre più imminente. A patto però che il coordinamento che abbiamo proposto con Popoli Sovrani trovi finalmente espressione in una cartello in cui ci sia chi veramente sia mosso da una reale volontà di cambiamento. I tempi però sono risicati perché gli appuntamenti elettorali nello stretto giro di un anno potrebbero essere due (non più dunque le sole elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo), per le ragioni che abbiamo provato ad esporre.

F.M.


Lega Sud - Ausonia

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