Da un lato la vera autonomia con la "Macroregione Alpina" EUSALP ( che coinvolge 48 Regioni (tra cui Veneto, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta) di 7 Paesi (Italia, Austria, Francia, Germania, Slovenia, Svizzera e Liechtenstein), ottenuta attraverso il beneplacito del Parlamento Europeo e dall'altro il controllo e lo sfruttamento del Sud Italia attraverso la modifica del "Decreto Crescita": parliamo cioè di 60 miliardi di euro che, tra il 2021 e il 2027,
dovrebbero essere spesi, per l’80%, nel Mezzogiorno.
L’obiettivo della Lega di Salvini è far
sparire da questo decreto, attraverso degli emendamenti, la clausola che l’80% di questi fondi siano destinati al Sud per “distribuirli in tutte
le Regioni”, cioè portarli al Nord e scippare al Mezzogiorno anche questi soldi.
Nella formulazione originaria del “Decreto Crescita” si legge:
“Per il ciclo di programmazione 2021-2027, le Amministrazioni regionali
che hanno garantito la spesa e rendicontazione delle totalità delle risorse Fondo per lo Sviluppo e la Coesione
(FSC) 2007-2013, avranno in capo la titolarità e la gestione di tutte le
risorse Fondo per lo Sviluppo e la Coesione destinate al territorio regionale”.
Nella riformulazione, frutto dell’emendamento leghista approvato dalle commissioni
legislative il testo diventa:
“Per il ciclo di programmazione
2021-2027 le Amministrazioni regionali avranno in capo la titolarità e la
gestione di tutte le risorse FSC destinate al territorio regionale”.
In molti giornali
leggiamo che, con l’emendamento leghista approvato dalla commissione Bilancio e
Finanze della Camera, la gestione del Fondo di Sviluppo e Coesione (che, per
circa l′80%, è destinato alle Regioni del Sud Italia) si trasferisce dal
Ministero per il Sud alle Regioni.
Su questo emendamento,
per la cronaca, c’è il no della Ministra per il Sud, la grillina Barbara Lezzi,
ma – come già ricordato – c’è il sì della Commissioni Bilancio e Finanze della
Camera.
Qua e là leggiamo che il
problema risiederebbe nel fatto che il
Ministero per il Sud perderebbe il controllo di questo fondo – ripetiamo,
circa 60 miliardi di euro – che
passerebbe alle Regioni.
Vero è che il Movimento 5 Stelle non controlla alcuna
Regione italiana, ma a nostro avviso il vero problema non è questo: a
nostro avviso il vero problema è che la Lega, con questa mossa, vuole togliere
il vincolo che impone che l’80% di queste somme vada al Sud!
La storia è sempre la
stessa, con una variazione sul tema.
L’euro ha reso l’Italia un Paese povero (prima dell’avvento
dell’euro in Italia non c’erano 13 milioni di poveri, di cui 5 milioni
indigenti) e il Nord fa prevalere
l’unico ‘sentimento’ che ha sempre avuto verso il Sud dal 1860 ad oggi:
l’egoismo.
Così come le riserve del
Banco di Napoli e del Banco di Sicilia, nel 1860, risanarono le ‘casse’ di casa
Savoia, così come tra gli anni ’90 e il 2000 i soldi delle banche meridionali
(Banco di Napoli, Banco di Sicilia, Sicilcassa) sono serviti ai risanare i
‘buchi’ delle banche del Nord Italia (con la regia della Banca d’Italia e nel
silenzio delle tante ‘autorità’), così come oggi, con la ‘Secessione dei
ricchi’, il Nord cerca di tenersi il ‘residuo fiscale’ (provando a togliere al
Sud circa 90 miliardi di euro), anche per il Fondo di Sviluppo e
Coesione la Lega sta cercando di far saltare la clausola in base alla quale
l’80% di questi fondi debbono essere spesi nel Sud.
E’ questa la vera operazione che vuole fare la Lega di
Salvini. E la vuole fare con i voti degli
ingenui abitanti del Sud che hanno votato per Salvini e la sua banda di
antimeridionali.
Insomma la Lega, forza politica che ha tolto solo nominalmente la parola “Nord” dal proprio simbolo, rimane una forza politica profondamente nordista e che ora ha paradossalmente anche i voti del Sud che così come accadeva per gli Indios, crede che i neo "conquistadores" padani siano venuti a "portare" benessere, ricchezza e doni ed invece sono venuti a "prendere" attuando una neo colonizzazione peggiore di quella subita nel 1860.
Ma chi sono quelli che votano Salvini al Sud e di quali (come ha dimostrato la trasmissione di RAI 3 "Report") coperture politico affariste gode il movimento del "capitOne" ministro?
Per spiegare l’avanzata
della Lega al Sud è necessario partire da un dato: Matteo Salvini alle recenti elezioni europee è stato il
politico più
votato nella
Circoscrizione Sud: se al Nord la Lega è radicata nel territorio, con una rete
di comuni e regioni dove la fiducia degli elettori va agli amministratori
locali a prescindere dai vertici del partito, i meridionali hanno votato il suo "leader". Trainata da una figura che ha incentrato l’intera campagna elettorale
sulla sua figura, la Lega ha raggiunto il 23,5% al
Sud e il 33,4% al Centro (primo partito). Ha inoltre conquistato la Sardegna e
le principali realtà legate al tema dell’accoglienza e dell’integrazione dei
migranti: Riace, Rosarno e Lampedusa. Salvini ha conquistato i meridionali
trovandogli un nuovo nemico, seguendo una filosofia chiara: “c’è sempre qualcuno
più terrone di te”.
Un tempo erano i meridionali i soggetti dell’odio leghista. Colerosi, un peso per l’Italia, scansafatiche, da “lavare col fuoco” dei vulcani erano le considerazioni di una Lega che si batteva per la nascita della Padania, parlava di “Roma ladrona” e alle elezioni non si presentava più a sud del fiume Po. Salvini, impegnato in politica dal 1993, non si è mai sottratto a questo razzismo territoriale, alimentandolo in prima persona. Come capogruppo della Lega al comune di Milano proponeva carrozze della metro solo per i milanesi, nel 2009 cantava cori contro i napoletani che “puzzano” e in diverse occasioni ha dichiarato di non riconoscersi nella bandiera italiana, ma ora veste a tempo pieno i panni del patriota.
Il cambio dei temi dell’ideologia di Salvini è stato
lento e fatto solo per tornaconto elettorale. In realtà la struttura della Lega
non ha mai mutato forma: stanno circolando in questi giorni sul web le immagini dell’ingresso
della sede milanese del partito, dove campeggia ancora il motto “Prima il
Nord!”. È la conferma che togliere la parola Nord dal nome del partito e dal
simbolo è stato soltanto un gesto di facciata. Lo scorso anno Salvini ha
portato alcuni suoi fedelissimi alle trattative per formare il governo
gialloverde. Tra questi Gian Marco Centinaio, oggi ministro dell’Agricoltura,
noto per aver urlato “terrone di
merda” all’allora presidente del Senato Pietro Grasso e per il suo indirizzo mail prima della
chiocciola: terronsgohome.
Oppure Roberto
Calderoli, che nel 2006 ha definito Napoli “una fogna
infestata da topi, un insulto per l’intero Paese, da eliminare con qualsiasi
strumento”. La svolta comunicativa di Salvini è stata quella di distanziare la
sua Lega e quella di Bossi, il Salvini di meno di dieci anni fa e il nuovo
protettore dell’inesistente identità nazionale che interpreta ora. E l’elettorato gli ha
creduto, commettendo un errore mortale. Altro che soldi dalla Russia...
RED
Sono sempre dei polentoni approfittatori.
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