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giovedì 13 maggio 2021

“ 'A NUTTATA” A NAPOLI, NON È ANCORA PASSATA

 


Degrado, abbandono e disagio. Se volessimo sintetizzare con poche, ma semplici parole lo stato in cui versa Napoli, non ci sarebbe altro modo per descrivere la situazione di grave abbandono che attanaglia ormai da interi decenni la ex Capitale del Sud.

Fondi stradali dissestati, sporcizia che fa capolino quasi ovunque, incuria, menefreghismo, maleducazione: con queste credenziali, non si fa davvero fatica a capire perché una città così bella e ricca di arte, storia e cultura debba essere sempre vituperata e additata quale modello da non imitare.

A ciò contribuiscono non solo quella parte di città gretta, cafona, arrogante e spagnolesca che campa di espedienti ritenendosi migliore degli altri, ma anche e soprattutto una classe politica (sia di maggioranza che di opposizione) che li rappresenta al meglio, composta da guitti e imbecilli della peggiore specie.

A rendersi autori di questo disastro, il “sindachino” al secolo “Giggino o’ magistrato” De Magistris e la sua sgarrupata maggioranza che al Consiglio Comunale di Napoli si sono resi protagonisti di uno scempio senza fine. Credevamo che fare peggio di don Antonio Berisha detto “Bassolino” e della starnazzante Rosetta Russo Jervolino, fosse praticamente impossibile. Ma, poiché, non c’è mai limite al peggio, ecco che all’antica Partenope è toccato in sorte, il peggior primo cittadino che abbia mai messo piede a Palazzo San Giacomo.

L’armata Brancaleone con cui voleva andare a raccattare sul mare i clandestini di ogni dove, è solo una delle tante perle che ci sono state dispensate a piene mani, da questo novello Attila travestito da sindaco. Come il re degli unni che dove passava non lasciava crescere l’erba, allo stesso modo il nostro Giggino sindachino, detto "Luigi de Magistris", darà in eredità allo sventurato successore, un comune dalle casse letteralmente svuotate, con un mare di debiti e tantissimi problemi irrisolti.


Infatti, in un articolo comparso sul quotidiano cittadino
“Il Mattino”, veniamo a sapere che Palazzo San Giacomo ha accumulato negli ultimi anni un deficit di circa 2,7 miliardi di euro, frutto non solo di tributi mai riscossi (ricordate la storia delle multe che quei geni di stanza al Comune di Napoli prevedevano di incassare, e che invece sono passate in cavalleria?), ma anche degli interessi su soldi presi a prestito negli scorsi decenni con gli swap (i bond o obbligazioni comunali, per intenderci). La sentenza della Corte Costituzionale, di fatto, ha rispedito al mittente la richiesta di ulteriori proroghe e deroghe per pagare un conto in realtà mai saldato: stiamo parlando della bellezza di altri 270 milioni, che non si possono spalmare in 30 anni e che vanno dunque ad aggravare ulteriormente le voci di spesa.

Giggino” urla e strepita ai quattro venti di minacciare le dimissioni perché sa benissimo che rischia seriamente di non potersi candidare (con quale coraggio e faccia tosta, viene voglia di aggiungere….) a governatore della Regione Calabria, nel caso in cui fra poche settimane non sarà approvato il bilancio in Consiglio Comunale e venga nominato un commissario dalla Corte dei Conti. Numero e conti alla mano, infatti, le casse del comune nei 7 anni di pessima amministrazione da lui condotta, sono state ulteriormente prosciugate dall’incapacità di questa giunta non solo di riequilibrare la già di per sé disastrata situazione contabile, ma anche e soprattutto di fornire risposte adeguate a una città, che oggi si trova in un avanzato stato di decomposizione e putrefazione non solo morale, ma anche materiale.

Del resto, basta farsi una passeggiata, non necessariamente in una strada della periferia, per rendersene conto: sporcizia, incuria, deiezioni dei cani che trasformano il semplice passeggio, in un autentico tour-de-force per evitare di imbrattarsi scarpe, gambe, piedi e pantaloni. O magari prendere un pullman e notare che non solo molti di essi sono malfunzionanti e obsoleti, ma spesso e volentieri si fanno attendere dai cittadini, a prescindere dalle condizioni atmosferiche. Poi, ci sono i secolari problemi legati alle condizioni di vita in cui si trovano gli abitanti dei quartieri periferici e la microcriminalità che fa da corollario, per capire che dei tanti proclami ascoltati durante le precedenti tornate elettorali, non è rimasto praticamente nulla. Insomma, un quadro della situazione a dir poco desolante e deprimente, in cui si fa davvero fatica a intravedere un barlume di luce in fondo a un tunnel, che sembra non dover aver mai fine.



In questo contesto, sotto accusa - per come la intendiamo noi - ci va l’intera classe politica napoletana. Perché se è vero che ormai la sinistra è carta conosciuta, in quanto a pessima gestione delle problematiche del territorio da quasi 30 anni a questa parte, è altrettanto inconfutabile che però anche il centrodestra e i suoi cespugli abbiano brillato per sciatteria e inettitudine. Il discorso in particolare va a certi personaggi di quell’ex arroganza nazionale che hanno preso per i fondelli i cittadini, ieri come oggi. Riciclatisi sotto mentite spoglie, gli sfigati (s)fascistelli che portano voti al partito della melonara borgatara, non hanno certo cambiato la loro propensione al cazzeggio, all’inettitudine e all’incapacità. Se Napoli è stata (s)governata per quasi tre lustri dalla sinistra scafista, massone e comunista, una bella fetta di responsabilità ce l’hanno - checché se ne dica - anche i “nostalgici” del Duce, incapaci di fare un’opposizione seria e degna di tal nome!

A pagare il conto di tale stallo intere generazioni di napoletani costretti a fare, oggi come ieri, le classiche valigie di cartone per trovare fortuna altrove. La fuga di cervelli che ha impoverito il capoluogo campano, è la testimonianza lapalissiana di come ci sia stata scarsa attenzione nei confronti di chi avrebbe dovuto garantire sviluppo, progresso e benessere per tutti. Le storie di giovani partenopei che hanno fatto fortuna altrove, non sono certo una leggenda metropolitana, quanto piuttosto un’amara realtà con cui fare i conti. Le responsabilità di questo autentico disastro sono tutte da addebitare ad una classe politica arrogante e opportunista che, dal dopoguerra ai giorni nostri, ha fondato le proprie fortune sull’assistenzialismo e sul voto di scambio. Attuando poi una pericolosa - quanto nefasta - connivenza con la camorra e le sue putride emanazioni.

Tornando allo scenario che attende questa disgraziata e bellissima città nell’immediato futuro, non si intravede davvero nulla di nuovo e positivo sotto il cielo. In autunno, si tornerà a votare, e le prospettive sono a dir poco raccapriccianti se pensiamo che addirittura si ripresenterà l’immarcescibile don Antonio Berisha detto “Bassolino”! Un ritorno di cui volentieri avremmo voluto fare a meno e le cui possibilità di rielezione alla carica di primo cittadino, sono tutt’altro che campate in aria!

Altro che nuovo che avanza, vien voglia da dire…..il vecchio puzza e, probabilmente, avvolgerà nel suo fetore quel poco che resta di Napoli! “Giggino”, invece, dal canto suo sembra voler abdicare per la vice Clemente sulla quale risparmiamo una rima molto in voga dalle nostre parti; mentre per quel che concerne il centrodestra, ancora non si sa chi sarà il candidato visto che la Lega del fannullone padano non è vista di buon occhio in quella sgangherata e inconcludente coalizione.



Insomma, la “nuttata” di eduardiana memoria è ben lungi dall’essere passata e siamo sempre più fermamente convinti che solo un serio progetto federalista e indipendentista possa dare le risposte di benessere, affrancamento e rinascita che la capitale del Sud, attende da 160 anni a questa parte.

Il vero federalismo (e non certo quello che la Lega di Salvini prova ancora a sventolare solo per illudere quella base, che ancora crede nel sogno della libertà e dell’indipendenza dal regime di Roma ladrona) si basa sul principio della responsabilizzazione dei pubblici amministratori. I quali sono chiamati a rendere conto delle proprie scelte ai cittadini, di cui sono rappresentanti, avendo soprattutto il sacro e inderogabile dovere di tutelarne gli interessi.

In tal senso, sono gli enti più vicini a questi ultimi ad essere continuamente controllati e chi occupa cariche di rilievo risponde con il patrimonio personale delle obbligazioni poste in essere dalla pubblica amministrazione che rappresenta (Regione, Provincia e Comune). Per intenderci, se un de Magistris qualsiasi lascia il Comune di Napoli in uno stato di enorme dissesto finanziario, si dovrà sobbarcare esclusivamente lui e la giunta che lo sostiene (e non certo i cittadini, come invece accade oggi) gli oneri per risanare il bilancio dell’ente presso il quale è sindaco.



Un principio di buonsenso che però terrorizza e spaventa a morte questa classe politica accattona e di cui, riteniamo, i cittadini debbano essere sufficientemente e consapevolmente edotti, dal momento che così paga per davvero chi ha combinato disastri, nell’amministrazione della “cosa pubblica”.

E non certo i soliti noti costretti a dover sborsare tanti soldi, solo perché devono porre rimedio agli errori di questo branco di inetti e di incapaci che non vogliono mollare le cadreghe, su cui da tempo immemore hanno ormai poggiato il proprio puzzolente deretano!


Francesco Montanino


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