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sabato 4 giugno 2022

LE SANZIONI DI DRAGHI AGLI ITALIANI

 


Bollette salate, prezzi delle materie prime che salgono senza fermarsi, inflazione alle stelle, debito pubblico a livelli record, diritti negati, discriminazione, russofobia…..questi sono soltanto alcuni degli indubbi primati detenuti dal governo dei “migliori pagliacci” che sta distruggendo quel che resta di questo ridicolo e sgangherato paese. Il “vile liquidatore e affarista” (nonché massone e banchiere, aggiungiamo noi) Draghi sta portando a compimento il proprio scopo che è quello di fare terra bruciata del Bel Paese, secondo un infame e criminale piano ordito oltre trent’anni fa oltreoceano da una gang di affaristi in doppio petto, il cui massimo ideale era quello di renderci schiavi e succubi delle loro paranoie.

Dopo aver vessato e discriminato con metodi dittatoriali per mesi e mesi quei cittadini che non sono caduti nella trappola organizzata con la complicità colpevole e compiaciuta di media corrotti e profumatamente pagati da questo regime eversivo ed estorsore, in merito all’obbligo di farsi in(o)culare un siero spacciato per vaccino e i cui effetti nefasti iniziano a essere sempre più evidenti, il nuovo capro espiatorio adesso sono diventati i russi.



Dallo scorso 24 febbraio, giorno in cui il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha dato inizio alle operazioni di denazificazione dell’Ucraina, abbiamo assistito a una vera e propria escalation contro un paese cui siamo uniti da profondi legami storici e culturali. Un rapporto di amicizia che dura da secoli, gettato letteralmente alle ortiche da una classe politica composta da infami, delinquenti, vigliacchi e corrotti della peggiore specie che ha pensato bene non solo di contribuire all’inasprimento delle sanzioni europee contro la patria di Tolstoj, ma anche di foraggiare quei bravi ragazzi del battaglione neonazista “Azov” che da otto anni sta massacrando le inermi popolazioni del Donbass, fornendo soldi e armi.

Una dichiarazione di guerra indiretta e fatta per procura sotto la spinta dei soliti esportatori di democrazia di stanza oltreoceano, che ci sta esponendo a grossi rischi. Perché se un giorno la Russia dovesse decidere di adottare delle azioni ritorsive anche di carattere militare contro chi si è schierato contro di lei seppur indirettamente, l’Ita(g)lia rischierebbe seriamente di essere sottoposta alle micidiali armi in mano al Cremlino. La Russia, vale sempre la pena ricordarlo a quegli idioti che vorrebbero trascinarci in una guerra che sicuramente non è la nostra e che nessuno ci ha dichiarato, è il paese che detiene la maggior quantità di armi nucleari. Un arsenale bellico, da far letteralmente tremare i polsi e in grado di raggiungere Roma (giusto per fare il più semplice e immediato degli esempi) in pochissimi minuti, e a raderla letteralmente al suolo…..

Chi in maniera superficiale e ignorante ha poi proclamato l’estensione dello stato di emergenza fino al prossimo 31 dicembre per guerra, ignora che la Costituzione lo contempla ma soltanto nel caso in cui un paese straniero avesse iniziato le ostilità militari contro di noi. Nel caso di specie, appare chiaro che quello russo-ucraino – al momento – è soltanto un conflitto regionale. Che però qualcuno (USA in primis) ha interesse a far diventare mondiale, con conseguenze inimmaginabili e imprevedibili per l’umanità. Che l’itaglia sia diventata una colonia americana da oltre tre quarti di secolo, infatti, non è affatto un mistero ed è sotto gli occhi di tutti. E chi ha provato a opporsi a tale disegno, è sempre stato osteggiato e finanche eliminato anche fisicamente.

Viene qui in mente la vicenda di Sigonella e del sequestro da parte di un commando di palestinesi della nave di crociera “Achille Lauro” nell’ottobre del 1985 in cui venne trucidato un turista americano: in quella vicenda, l’allora premier Bettino Craxi fece valere la giurisprudenza del nostro paese, rifiutandosi di consegnare il terrorista Abu Abbas alle autorità americane. La scena dei carabinieri italiani e dei militari americani che si puntavano le armi contro evidentemente non era andata giù a Washington che ha sempre visto male il tentativo di intraprendere una “terza via” lontana dai blocchi americano e sovietico, allora dominanti. Il segretario del PSI pagò poi l’essersi messo contro gli statunitensi, in quell’enorme scandalo che ha il nome di “Tangentopoli” qualche anno dopo, facendo da capro espiatorio a un comportamento ripugnante e riprovevole ascrivibile all’intera classe politica, e non certo e non soltanto a lui. Così come si è poi verificato, con l’esilio forzato ad Hammamet che di fatto gli ha impedito di far valere le proprie ragioni e magari coinvolgere anche quel PDS (oggi PD), che si è sempre piccato di avere una, non ben chiara e specificata, “superiorità morale”.



O magari del povero Aldo Moro, rapito sì dalle Brigate Rosse ma abbandonato da quegli stessi suoi compagni di partito che eppure avrebbero dovuto fare di tutto per salvargli la vita. Anche qui, non era certo un mistero che il grande statista democristiano aveva assunto una posizione assai scomoda. Invisa sia agli USA che, per certi aspetti, anche all’ex URSS cui non piaceva il tentativo di Moro di rendere più lontano dalle negative influenze di Mosca, il principale partito comunista dell’occidente. E rendere, nel contempo, plausibile l’inizio di una fase storica in cui l’Ita(g)lia potesse diventare protagonista assoluta e indiscussa nel Mediterraneo, smarcandosi dai due grandi blocchi contrapposti e conquistando quella neutralità sotto la stessa falsa riga della Svizzera, che da sempre auspichiamo.

Nella vicenda del suo sequestro e dei successivi 58 giorni di angosciosa e straziante prigionia, ci sono sempre stati dei lati oscuri riguardanti anche il ruolo della CIA e dei servizi segreti nostrani. A quei tempi, si sarebbe poi scoperto soltanto dopo, era in funzione una struttura paramilitare chiamata Gladio che coinvolgeva una parte di stato “deviata”, e che ha avuto un ruolo chiave anche nella strage di Piazza Fontana a Milano, nel dicembre 1969. Il suo scopo sarebbe dovuto essere quello di intervenire nel caso di un’eventuale invasione dell’Unione Sovietica. Così non è mai stato, perché intanto il comunismo per fortuna è crollato definitivamente con la fine dell’URSS nel 1991. Ma per qualcuno evidentemente non è stato così, a dispetto del fatto che la guerra fredda, per come l’abbiamo conosciuta, è finita ormai da tempo.

A parer nostro sarebbe, dunque, stato il caso di smantellare anche le basi della NATO, che era nata come alleanza difensiva, e che è tuttora presente sul nostro territorio senza alcuna valida motivazione. Invece, come abbiamo visto negli ultimi 30 anni l’Alleanza Atlantica si è espansa sempre più ad est ed ha – di fatto – violato quel “gentlemen’ agreement” con il quale gli USA si erano impegnati di fronte all’allora premier sovietico Mikhail Gorbacev che mai la NATO avrebbe inglobato paesi vicini all’URSS.

Cosa mai verificatasi, come comprovano le adesioni di Lettonia, Lituania ed Estonia (tre paesi che facevano parte del blocco sovietico, prima di proclamare la loro indipendenza agli inizi degli anni ’90), cui vorrebbero aggiungersi – in questi giorni - anche Svezia e Finlandia che però stanno incontrando il veto della Turchia. Si è fatto riferimento a questo episodio, perché una delle ragioni del conflitto fra Russia e Ucraina ricade proprio sul mancato adempimento da parte occidentale di questo accordo fra gentiluomini. Il presidente russo Putin, del resto, in un’intervista rilasciata nel 2016 al regista americano Oliver Stone, dichiarò molto apertamente di sentirsi accerchiato. E non solo per le vergognose sanzioni comminategli dall’Unione Europea e dagli USA, ma anche e soprattutto dal punto di vista militare.



Non conosciamo a fondo le ragioni che hanno portato il Cremlino a iniziare le operazioni belliche in Ucraina. Quel che è certo, è che dal 2014 (anno in cui gli americani hanno favorito il colpo di stato del Maidan, con la deposizione di Yanukovic (al governo dopo lo svolgimento di regolari e democratiche elezioni) e l’insediamento del solito burattino che risponde ai loro diktat (ieri Poroshenko (“Porkoshemo, per gli amici) e oggi il comico Zelenskyi), è iniziata una fase di deterioramento delle relazioni diplomatiche ed economiche fra USA e Russia, che sta attentando seriamente alla sicurezza globale. I russi stanno difendendo il loro spazio vitale, allo stesso modo di quel che fecero gli americani nel 1962 all’epoca della crisi missilistica cubana.

Man mano che si sta andando avanti in questa guerra che il presidente americano Bidè(n) sta alimentando con dichiarazioni e comportamenti a dir poco allucinanti, stanno emergendo verità sempre più compromettenti (i laboratori segreti di Azovstal o la sceneggiata di Bucha, solo per citare quelle che ci vengono per primi in mente) in cui si stanno definendo i veri contorni di una vicenda che avrà fine soltanto con l’accettazione integrale da parte di Kiev delle condizioni poste in essere da Putin, prim’ancora che fosse sparato un colpo. Zelenskyi appare sempre più come un guitto e un personaggio senza spina dorsale, costruito ad arte da certo mainstream la cui affidabilità la conosciamo ormai da interi decenni.

Il ruolo dell’ita(g)lia in questa brutta storia, è quello di continuare a fare da cane accondiscendente e scodinzolante di fronte al padrone a stelle e strisce che, ricordiamolo per gli smemorati, hanno “esportato” la democrazia, a suon di bombe a partire dal lontano 1945. All’inizio, furono le città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki a sperimentare per prime la “bontà” di questo principio con tantissimi morti provocati dalle atomiche. Nel tempo, sarebbe poi toccato al Vietnam, all’Iraq, alla Libia, alla Siria, alla Serbia e infine all’Afghanistan. Operazioni militari fallimentari che sono solo costate milioni e milioni di vittime, insieme a interi paesi devastati. Anche per l’Ucraina, vale lo stesso principio. Solo che stavolta, il lavoro sporco lo sta svolgendo il Bel Paese nonostante che gran parte dei cittadini stia spingendo piuttosto per una soluzione diplomatica del conflitto.

Magari anche con la revoca di questo regime sanzionatorio che ci sta presentando un conto a dir poco salatissimo. L’impennata dei prezzi delle materie prime è sotto gli occhi di tutti e sta assestando un durissimo colpo a un’economia già di per sé disastrata come la nostra. L’inflazione sta salendo a livelli che non si vedevano da tantissimi anni e corre a grandi falcate verso il 7%, mentre il debito pubblico cumulato, rilevato nel dicembre 2020, era di circa 2.569 miliardi di euro. Il rapporto con il PIL, sempre in quel periodo, era del 157,9%, ovvero ben oltre quello stabilito dai rigidi parametri di Maastricht nel 1992, all’epoca dell’avvio della fase che avrebbe poi portato all’entrata nella moneta unica. Abbiamo ragione di presumere che quest’anno sarà anche peggio, considerando che l’incremento del PIL dovrebbe essere assai ridimensionato da una crisi economica che – secondo alcuni analisti – sarà anche peggiore di quella del 2008 (dalla quale non ci siamo mai realmente ripresi), mentre la spesa a debito proseguirà anche nei prossimi mesi.

Vero è che sono stati ammessi degli scostamenti di bilancio per permettere di assorbire l’impatto devastante della psicopandemia da Covid. Ma è anche vero che le prospettive per questo paese, sono tutt’altro che rosee.

La decisione cervellotica e schizofrenica poi di interrompere ogni tipo di rapporto economico con il mondo russofono rischia di assestare un altro, durissimo colpo a un sistema che ormai sta boccheggiando. Sarà soprattutto il turismo a risentirne maggiormente perché si prevede che la perdita, in termini di indotto, derivante dalla mancata presenza dei turisti russi sarà stimabile attorno al milione di euro. Anche se qualcuno come Flavio Briatore, sostiene che a questa già di per sé ragguardevole cifra, bisognerà aggiungerci uno se non, addirittura, due zeri!

Di questo, dobbiamo solo ringraziare il governo Draghi e i suoi infami sostenitori che stanno lì solo per obbedire agli ordini provenienti da Washington. E non certo per curare i nostri interessi, come eppure dovrebbe essere. Ce ne accorgeremo di questa follia soprattutto in autunno, quando avremo maledettamente bisogno di quel gas che la Russia ci ha sempre fatto pagare al di sotto del prezzo di mercato. E che invece probabilmente saremo costretti a comprare a cifre maggiorate, solo perché dobbiamo accontentare gli americani che stanno cercando in tutti i modi di rifilarci il loro, attraverso la costruzione di costosissimi rigassificatori che potrebbero avere anche un forte impatto ambientale.

Soltanto la rielezione di Donald Trump alla Casa Bianca potrebbe far saltare il banco e portare anche a ridiscutere i rapporti assai compromessi con la Russia di Putin che intanto, in questi ultimi mesi, ha stretto alleanza non solo con la Cina ma anche con l’Iran, l’Arabia Saudita, il Brasile e il Sudafrica. Nell’ottica di uno spostamento ad est dell’asse geopolitico con il quale, presto o tardi, saremo comunque chiamati a fare i conti.

Appare infine chiaro che anche il ruolo dell’Unione Europea sia divenuto similare e speculare degli interessi a stelle e strisce nel Vecchio Continente. Questa istituzione sempre più in crisi, dovrebbe piuttosto cercare di recitare un ruolo terzo e indipendente, ripristinando una centralità che ci tenga lontani ed equidistanti dai desiderata degli USA. L’atteggiamento del club degli affaristi europeo, invece, continua a essere squallido e penoso, così come conferma la volontà di perpetuare nel considerare la Russia e Putin come nemici con i quali è bene non trattare. Senza però rendersi conto che di fatto stanno spingendo Mosca fra le braccia di Pechino che in questa situazione – come si sarà potuto intuire - ci sta guadagnando alla grande, senza neppure muovere un dito!

Lo scenario dunque, allo stato attuale, è tutt’altro che favorevole e lascia il campo a tanti dubbi su quel che ci aspetta nei prossimi mesi. I rumors che parlano di possibili dimissioni di Draghi nel mese di agosto, con elezioni lampo da organizzarsi possibilmente a ottobre mentre la stragrande maggioranza delle persone è al mare o in montagna a godersi le ferie, sono da prendere in seria considerazione. Secondo tradizione ormai radicata in questo paese, tenere lontani dalle urne i cittadini in modo che votino solo quelli che hanno interessi e tornaconto personali, non è più un esercizio di poca democrazia, quanto di acclarata normalità.

A questa regola, anche i cinque referendum sulla giustizia (sui quali consigliamo di andare alle urne ed esprimere un bel SI’) in programma nel prossimo weekend non stanno certo sfuggendo, a giudicare dalla vergognosa consegna del silenzio imposta dal partito fogna del PD e dei suoi sodali che fanno parte dell’informazione di regime, solo perché possono minare le manie di onnipotenza e intoccabilità di certa magistratura politicizzata e mafiosa, che possa così continuare a essere impunita, e a fare ciò che vuole senza mai dover rispondere dei propri errori….

Il teatrino penoso e ridicolo cui stiamo assistendo da mesi e mesi, è stucchevole e non può certo trarci in inganno. Mentre i pentadementi e i loro compagni di merenda del PD sono ormai una carta tristemente e squallidamente conosciuta, in quello che dovrebbe essere lo schieramento opposto le cose non è che vanno poi tanto meglio.

Le pantomime finto pacifiste di Salvini che adesso vorrebbe andare da Putin (già fa ridere così….), in realtà rispondono soltanto al carattere opportunistico del fannullone padano, la cui propensione al trasformismo e all’essere il peggiore delle banderuole e dei voltagabbana, abbiamo imparato già da tempo immemore a conoscere. Ha abiurato il vero federalismo e preferito le poltrone di quella Roma ladrona che a chiacchere diceva di avversare, salvo poi diventare uno dei perni su cui si poggia il più centralista, corrotto, infame, liberticida, statalista e assistenzialista dei governi che si ricordi.

In merito a Berluskazz e alla melonara borgatara e (s)fascista, possiamo solo stendere un velo pietoso. Anche se alla leader dei fratelli d’ita(g)lia vogliamo solo ricordare che aveva a più riprese dichiarato di essere l’unica opposizione solo perché doveva svolgere questo ruolo, quasi come se si trattasse di una recita a soggetto. La sua più che opposizione è diventata OPPOFINZIONE, perché l’aver appoggiato questo governo non eletto dai cittadini in occasione della crisi russo-ucraina, unitamente alla sua posizione filo-atlantista, significa solo che è anch’essa parte integrante di un sistema che non perde mai occasione di mostrare il suo vero volto: arrogante, strafottente, opportunista, illiberale e discriminatorio!

I fatti che proviamo a raccontare e ad esporre con la consueta analiticità, ci portano sempre alla medesima conclusione: la rivoluzione federale che parte dai territori e ci libera dallo statalismo e dal centralismo romani, è l’unica strada da percorrere affinché i nostri territori possano tornare a risplendere e a intraprendere uno sviluppo sano e sostenibile, anche dal punto di vista economico. Senza le catene e i lacciuoli della burocrazia, dei centri di potere, del malaffare e delle lobby. E all’esclusivo servizio e interesse dei cittadini e delle comunità di cui questi ultimi sono parte integrante.


Francesco Montanino


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