La recente cattura del boss Matteo Messina Denaro, accolta e fatta passare come un grande successo dell’esecutivo della melonara borgatara pone, in realtà, tanti interrogativi. A partire, dal tempo e dalle circostanze in cui è stato latitante l’ultimo dei boss mafiosi che sapeva molte cose non solo sulla stagione delle stragi (Capaci e Via D’Amelio, in primis) ma anche di certe pagine oscure della storia di questo paese, sulle quali non è ancora stata fatta piena luce.
L’ex Procuratore Generale della Corte di Appello di Caltanissetta (ora senatore del M5S) Roberto Scarpinato, in un intervento andato in onda nel corso della trasmissione “L’aria che tira” di La7, ha parlato molto chiaramente di protezioni – da parte di apparati deviati dello Stato - che avrebbero permesso al boss di poter godere della libertà per ben 30 anni, in totale tranquillità e a dispregio dei gravissimi reati in cui è stato coinvolto.
Che di questo stato ita(g)liano, fetida emanazione delle lobby e delle massonerie internazionali, ci sia poco di cui fidarsi, lo abbiamo sempre ripetuto. E fin da tempi non sospetti, ci permettiamo di aggiungere. Ma che adesso si tratti di un apparato canaglia che al suo interno accoglie personaggi che si muovono nell’ombra in un’ottica sovversiva, ne abbiamo finalmente le prove.
Gli omicidi illustri di Mattei, Moro, Dalla Chiesa, Falcone e Borsellino, insieme alle stragi di Ustica; Bologna e Piazza Fontana, hanno un unico comun denominatore che è possibile rinvenire nella presenza di apparati nascosti e oscuri di questo stato che tramano nell’ombra. E che rispondono a mandanti, probabilmente di stanza oltreoceano.
Del resto, è la storia che lo racconta. Gladio e la P2 hanno messo il loro lercio zampone nel barbaro eccidio di Piazza Fontana, mentre Moro, Dalla Chiesa, Falcone e Borsellino sono stati letteralmente abbandonati prima di essere condannati a un tragico destino. Poi, le tante perplessità sulla trattativa stato-mafia, proprio nel momento in cui Falcone si stava apprestando a scoperchiare un vero e proprio vaso di Pandora, pieno di misteri.
Quella di Messina Denaro, più che di una cattura, ci è sembrata una pagliacciata (preannunciata con ben due mesi di anticipo dal pentito di mafia, Salvatore Baiardo) che ricordava un po' l’arresto di Brusca: operazioni di basso avanspettacolo, fatte passare per qualcosa di sensazionale, quando in realtà lo Stato sapeva benissimo dove si nascondevano questi criminali incalliti. Possono andar bene per chi magari è facilmente suggestionabile, ma con noi non potranno mai attaccare.
Restiamo fermamente, e ora più che mai convinti, che l’unica soluzione per poter ripulire il Bel Paese, sia la secessione che faccia da apripista a una vera e propria rivoluzione federale. Il potere deve tornare in mano ai cittadini e ai territori di cui essi sono parte attiva e tolto, invece, a certe cariatidi della politica e degli apparati deviati che – come abbiamo sempre avuto modo di constatare – non hanno mai fatto niente che rispondesse al mandato, che eppure gli abbiamo conferito.
Un interrogativo però ci resta, dopo aver assistito con grande sbigottimento, a questa intervista: caro senatore Spampinato, perché soltanto ora ha parlato? Era così difficile raccontare a tutti una realtà che avevamo sì immaginato, ma senza averne le prove? Interrogativi che, presumiamo, resteranno anche questi senza risposta. In piena logica gattopardesca, come tradizione consolidata di questo paese da operetta, dove la parola GIUSTIZIA ha sempre avuto lo stesso significato di UTOPIA!
Francesco Montanino
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